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    Home Blog Pagina 130

    Il tempo…

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    Un pensiero, alle piazze de Il Cairo, e alla sua gente… con la poesia di Sayed Hegab, suo poeta…

    Qohelet disse: / c’è un tempo per l’amore / un tempo per la serietà / un tempo per il gioco / un tempo per la menzogna… un tempo per l’amara verità / Disse la volpe, politico e mercante: / Hai ragione! / C’è un tempo per mentire… e un tempo per la verità mendace / e io che nella sciocca saggezza sono costretto e soffocato / Dissi: “Credo ad un solo Dio…” / E singhiozzavo / La morte non ha tempo / la morte è di ogni tempo ”   Il tempo, appunto…

    Il cimitero dei pazzi

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    In un paese di poco piu’ di 2000 abitanti, Cadillac sur Garonne, nel sud est della Francia, riposano 4000 malati mentali. La loro storia si intreccia con quella del vicino ospedale psichiatrico e del castello-prigione dove erano internati i “pazzi” nella Francia del regime di Vichy… ed e’ la storia che racconta Francesco Zarzana, scrittore e autore di teatro, ne “Il cimitero dei pazzi”, della Infinito Edizioni. Un libro nato quasi per caso, racconta Zarzana, incuriosito, mentre si trovava in Francia, da un trafiletto letto su Le Monde. Poche righe per la storia di un vecchio cimitero che il sindaco del paese, Cadillac, appunto, vuole seppellire sotto il cemento di un parcheggio. Ma la gente di Cadillac non vuole… quel cimitero, quei morti, fanno parte della loro storia… Cosi’ Zarzana, armato della sua curiosita’, ma anche della sua capacita’ di indagare, studiare, capire, raggiunge il piccolo paese, ne conosce la gente, si lascia condurre dai loro ricordi… inizia un lungo viaggio nel tempo e nella storia, dice, che lo porta a conoscere storie che hanno dell’incredibile… Il libro inizia con un racconto e l’immagine di un fantasma, Marguerite, una giovane internata che mori’ suicida, prosegue come un saggio, poi ritorna il racconto, con le vite di Marguerite, di Osvaldo e degli altri… ma non e’ solo un esercizio letterario, c’e’ dentro tanta storia e tanta carne viva….

    Occhio alla borsa

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    Dalla riva ( ahimé per me lontana) dell’Universita’ di Urbino, mi arriva un’interessante inchiesta degli studenti del corso di laurea Editis. Occhio alla borsa… diminuiscono le agevolazioni all’università Carlo Bo. Realizzazione tecnica di Giuseppe Di Martino. Un interessante percorso, che volentieri pubblico…

    “Attenti alla borsa, ripetono gli studenti all’ultima assemblea al collegio “Tridente”. Molti vantaggi sembrano sparire. Per cercare di capire meglio abbiamo intervistato Simone Lancianese, rappresentante degli studenti al consiglio d’amministrazione dell’Ersu, l’ente regionale per il diritto allo studio universitario. Ci spiega che per diventare borsisti ci vuole una graduatoria. I ragazzi del primo anno possono partecipare al bando se il reddito familiare è sotto la soglia di 18.300 euro. Dal secondo anno in poi entra in gioco anche il merito. Nel 2010 i tagli sono stati molto pesanti, continua Lancianese. Il fondo per le borse di studio è diviso in tre parti. Le prime due, che derivano dalla tassa regionale per il diritto allo studio e dal fondo integrativo regionale, sono rimaste quasi invariate, perché gli iscritti sono  più o meno gli stessi. L’ultima parte, statale, costituisce quasi la metà di tutto il fondo. Quest’anno la cifra è scesa in modo drastico: cosi molti idonei non hanno avuto la possibilità di accedere alle agevolazioni e i borsisti a Urbino sono quasi la metà.

    Sirene…

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    Tornando, dal tuffo nel mare incantato di Mamma Tammorra, ieri al Teatro Ghione, a Roma. Con un nuovo racconto, che la voce del mare deve aver soffiato all’orecchio di Luca (Luca Rossi, il maestro di tammorra...  ricordate?). E che lui ha, fra le altre sue narrazioni di voci di passi di suoni, tessuto di musica. Il racconto delle tre sirene, dunque. Tre donne che nella loro terra sulla riva sud del mare, nel giorno di Natale hanno espresso ognuna il suo desiderio più profondo. Tre desideri, dunque… uno sposo, un giardino di falene, una scuola per il proprio bambino. E si sono avviate, le tre donne (tre Marie?) verso ponente. E si sono imbarcate, le tre donne, per attraversare il mare. Così belle, quelle donne, che il mare le ha in un sussulto amate. Le ha amate tanto da volerle abbracciare. Le ha abbracciate e le ha avvolte nelle sue onde. E cullandole e stringendole, le ha trattenute a sé. Per sempre Sirene…

    memoria memorie…

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    Un primo pensiero, per il Giorno della Memoria, il giorno dopo perche’ la memoria continua… Lo manda Gabriella La Rovere, l’inizio per una riflessione…

    “Nel 1920 apparve un libro dal titolo L’autorizzazione all’eliminazione delle vite non piu’ degne di essere vissute. Gli autori erano Alfred Hoche (1865-1943), uno psichiatra e Karl Binding (1841-1920), un giurista. Hoche e Binding di fatto svilupparono un concetto di “eutanasia sociale’. Il malato incurabile, secondo i due, era da considerarsi non soltanto portatore di sofferenze personali, ma anche di sofferenze sociali ed economiche. Da un lato il malato provocava sofferenze nei suoi parenti e, dall’altro, sottraeva importanti risorse economiche che sarebbero state piu’ utilmente utilizzate per le persone sane. Lo Stato, dunque, arbitro della distribuzione delle ricchezze, doveva farsi carico del problema che questi malati rappresentavano. Ucciderli avrebbe cosi’ ottenuto un duplice vantaggio: porre fine alla sofferenza personale, e consentire una distribuzione piu’ razionale ed utile delle risorse economiche” … sembra di aver sentito queste parole, dice Gabriella, e neanche tanto tempo fa…

    Aggrappate alla luna…

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    Dal mondo affollato della fantasia, che sa spesso essere realtà più di quanto non sia il nostro deformato reale, si affacciano oggi sulla nostra riva una bambina e una gatta, protagoniste di un racconto che ha un titolo che sembra già una favola: “Brevissima storia di una bambina e di una gatta che volevano vivere aggrappate alla luna“. Autore Giampietro Scalia che di professione fa il medico, a Piacenza, e che scrive. Scrive, dice, per esorcizzare l’indifferenza. E questo suo libro, vi assicuro, vi riesce. Basta fermarsi un attimo. Il tempo di ascoltare questa storia, narrata in prima persona da una bambina che soffre di una malattiia inguaribile che la porta progressivamente alla paralisi. E sembra proprio sentirla parlare questa bambina. Ascoltate: “Negli ospedali è povero chi ha dolore, o chi deve entrare in sala operatoria dove si dice che aprono le pance (…) i bambini del mio reparto in questo senso sono tutti poveri, e lo si capisce anche da certe espressioni che usano gli adulti quando vengono a farci visita… “povero bambino” per esempio, è un termine molto utilizzato da noi (…)“. Ecco, solo un bambno può esprimersi così. Un bambino, che ancora non ha i filtri che in noi adulti purtroppo mascherano e deformano, a nostro uso e consumo, la realtà. Accanto alla bambina c’è una gatta di panno, che la sua fantasia fa vivere, o meglio che il suo desiderio di vita vede come viva. (…)

    Un post a “Gli uomini ombra”

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    Sul filo sottilissimo delle parole in qualche modo riannodato, Carmelo Musumeci, dal carcere di Spoleto, invia, in risposta al pensiero per il suo libro, queste righe. Un post più che un post, eccolo qua…

    “… Il post di Lauretta, “Dio dei poeti fa che Carmelo Musumeci possa scrivere in un bosco le sue poesie” ha fatto commuovere il mio cuore. Purtroppo il mio cuore non è duro e cattivo come me. Il mio cuore piange e si commuove facilmente. A te lo posso dire, io non so scrivere, è il mio cuore che scrive per me. Grazie della bella prefazione che hai scritto. Sono contento che non sei riuscita a leggere il secondo racconto, “L’assassino dei sogni”, perché è troppo triste anche per il mio cuore. Grazie degli auguri, ma l’ergastolano ostativo è uno dei pochi che conosce il proprio futuro. E io non spero più in nulla, perché la speranza fa bene quando è vera, ma fa male quando è falsa. Invece quello stupido del mio cuore continua a sperare. Peggio per lui e per chi continua a volergli bene. Il mio cuore ti manda un sorriso. Io li ho finiti tanto tempo fa. Carmelo”

    Ahi serva Italia…

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    “Ahi serva Italia, di dolore ostello, /nave senza nocchiere //in gran tempesta, / non donna di province, /ma bordello!”   Dante, Purgatorio. Canto VI

    Guardandosi un po’ intorno…

    Smania di vivere

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    Dalla riva lontana e vicinissima da cui ci divide un filo sottile quanto un nulla. La storia, di una danzatrice d’eccezione. Erica Brindisi, ammalata non ancora trentenne di sclerosi multipla. Che riesce a portare in scena la sua malattia, e con lei  danzare… Storia di Erica, ballerina da quando aveva sei anni, e che la danza ancora riesce, dice, a far sentire viva. E calca la scena con a sua stampella, che accarezza, abbraccia, quasi culla… per spiegare a chi è ammalato, ma anche a noi, noi ancora illusi di essere sull’altra riva, che il corpo e l’animo possono essere più forti di una malattia che li vuole ingabbiare. E a vederla muoversi quasi non si pensa quanto questa danza costi impegno fatica e dolore… non si pensa cosa significhi ogni volta, dopo le ricadute, le crisi, le paure, ricominciare… Ed Erica ogni volta ha ricominciato, per non smettere mai più. Per danzare per tutti noi la sua smania di vivere. Smania di vivere è anche il titolo dello spettacolo. Tre atti come le tre fasi della malattia: la rabbia, l’accettazione, la vittoria. Che non è, dice Erica, vittoria sulla malattia, perché dalla malattia, dice, non si guarisce. Ma è vittoria sul male che ci vuole annichilire. E’ c’è da crederle, vedendola muoversi sulle note che per lei ha scritto Giuse Rossetti, compagno nell’arte e nella vita. Giuse, che di Erica, qualcuno ha detto, è la vera stampella, e che sorridendo dice che sì, che forse è vero, e che ci vuole ottimismo, che, soprattutto ci vuole molto amore, che è cosa, dice, che purtroppo non tutti hanno. Non tutti, purtroppo. Un pensiero ad Erica e Giuse. In attesa che con il loro spettacolo riprendano a girare l’Italia, e a mettere in scena tutta quella loro smania di vivere. Inguaribile. (per seguirne le tappe: www.smaniadivivere.com)

    Mammatammorra

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    Torna, Mamma Tammorra. A Roma al teatro Ghione, il 26 gennaio. Lo spettacolo del percussionista campano Luca Rossi, con le danze di Ash Lombardo Arop. Invito a rituffarsi nella magia di uno spettacolo che parte dalle suggestioni della musica popolare campana e dal suo forte legame con la tammorra, per arrivare ad esplorare spunti musicali e coreografici sulle sponde del Mediterraneo…. Ancora, la voce di Loredana Carrannante, per salti in continenti lontani… per avvicinarsi alla cultura millenaria dei canti devozionali, delle serenate e della danza di derivazione estatica… Spaziando dalla rivisitazione della tammurriata classica, passando per originali rirpoposizioni della pizzica salentina, di pezzi di tradizione greca e mediorientale, con le incuriosi da solista di Luca Rossi, con i suoi tamburi a cornice… per rivedere e riascoltare Chicchinella, che piange la morte del Carnevale, con il suo canto “a Fronna”… Con Luca Rossi, Alessandro de Carolis ai flauti, Ascanio Trivisano al violino, Carmine Scialla alle chitarre, Andrea Russo alla fisarmonica, Vincenzo Faraldo al contrabbasso e Raffaele Natale alla batteria. Le coreografie di Ash , accompagnate da Carmen Gentile e Mina Fiore.

    Appuntamento dunque il 26, al teatro Ghione, via delle Fornaci 37, Roma. 06 6372294