More
    Home Blog Pagina 152

    La vera colpa

    0

    Interrompo un attimo le cronache da Berlino. Per questo sguardo, da accompagnare con poche parole. Dopo tanto parlare. Di Giorgio Bocca. Poche parole, che come sempre entrano nel cuore delle cose. E toccano la verità. A volte, come questa, banale come il male. “La vera colpa di Stefano Cucchi è di essere un ammalato, un rottame umano che vaga per la grande città. Nella stessa città una moltitudine di cittadini rispettosi dell’ordine e con posti di alta responsabilità sociale si drogano ma non spacciano, non cadono per le scale, non oppongono resistenza ai poliziotti”. Giorgio Bocca, da un articolo di questi giorni bui…

    Verso dove? – 3

    0

    Ancora. Vent’anni fa. Voci da Berlino.

    13.11.89 Berlin

    Berlino Ovest, a quattro giorni dall’annuncio di Shabosky che, all’improviso, a Mosca, in una conferenza stampa del Comitato Centrale, ha annunciato l’apertura della frontiera. Pochi giorni prima, a Berlino Est, sulla Alexander Platz, un milione d persone aveva chiesto le dimissioni   di Honecker, le dimissioni del governo.Via il partito unico. Via la polizia segreta,la Stasi. Senza picconi, senza sangue, hanno fatto crollare il Muro. Fino alla settimana scorsa, era il simbolo della spaccatura delle due Germanie e dell’Europa. Centosessanta  chilometri di divisione dipinta da artisti sconosciuti che dicevano NO. Adesso siamo davanti alle ruspe della Germania Orientale, che lo buttano giu’. Da un buco, vediamo i soldati dell’altra parte. Siamo a Falkessner Shausse’,a Spandau, al confine con la DDR. Tra poco, un altro varco. C’e’ molta gente dell’Est. Ma cosa chiedete?che cosa cercate? Democrazia? Socialismo?Capitalismo? UN UOMO: Noi vogliamo parlare.Vogliamo leggere liberamente.Noi vogliamo essere liberi.Non vogliamo essere controllati.Non vogliamo imposizioni. D Che cos’e’ per voi la liberta’? UN UOMO:  Per noi la liberta’ e’ viaggiare liberamente.Potere avere idee libere. La liberta’ della stampa. E un’economia che funzioni.Noi siamo pronti a lavorare, ma deve funzionare. E che cessino tutti i previlegi della nomenklaura,del partito.Noi non lo tolleriamo piu’. Noi siamo il popolo. Io ero all’ultima manifestazione di Berlino, sull’Alexander Platz,insieme con un milione di persone. Faccio parte del Neues Forum. Dobbiamo continuare a fare pressione, affinche’ non si faccia marcia indietro, e affinche’ si vada avanti con le riforme. D Andare avanti,ma come? Come vi sentite’?

    Verso dove? – 2

    0

    Continuando. Esattamente venti anni fa. Un muro. Ancora cronache dal taccuino di Daniela Morandini Berlin 12.11.89 Sono le ruspe che continuano a lavorare.... Da poche ore c'e' un varco tra Prenzlauerberg -all'Est-  e Wedding -all'Ovest.Due quartieri operai che si erano battuti contro il nazismo. Qui la Gestapo ha fatto strage di socialdemocratici e di comunisti. E nel 61, il 13 agosto, le case di Prenzlauerberg e di Wedding sono state spaccate in due dal Muro. I marciapiedi da una parte, le porte dall'altra. La gente che si buttava giu' dalle finestre... Da pochi minuti, dopo ventotto anni, per la Bernauerstrasse, si passa a piedi. E si parla delle libere elezioni promesse da Krenz. Oggi e' sabato, ma i negozi sono aperti. Neanche le banche chiudono. Proprio oggi il governo di Berlino distribuisce quei cento marchi -circa settantamila lire- che ogni anno dà ai cittadini dell'Est che entrano in territorio federale. I grandi magazzini sono pieni. Per la prima volta hanno accettato la valuta dell'Est con un cambio 1 a 10. Piu' vantaggioso che al mercato nero. L'antica birreria Schultheis vende la birra a un marco, circa 700 lire. I visitatori dell'est sono circa duecentomila. La polizia della DDR non controlla piu' chi varca il confine. L'emozione e' tanta.

    Verso dove?

    0

    Interrompo gli appunti di viaggio. Per un altro, ben più lungo viaggio. Un muro. Venti anni fa. Da raccontare. Dal taccuino d’appunti di Daniela Morandini, in quei giorni inviata del giornale Radio, Gr2, della Rai. Ecco:

    Berlin 10.11.89 La festa continua, sia ad Est, sia ad Ovest. Le strade sono piene di gente.Tra poco, qui,  vicino alla chiesa delle vittime della seconda guerra mondiale, parlerà il cancelliere federale Kohl. In tutto il centro, lungo la Kurfunstenstrasse , sono già stati allestiti i punti per i pasti caldi.  Hanno gia' montato anche decine e decine di bagni chimici. L'afflusso e' enorme. Ci sono giovani, punk, signore distinte. Ci sono gli uomini, le donne , i bambini dell'Est. Vogliono l'Europa e la democrazia. Più in là c'e' il Muro: più di cento chilometri di divisione dipinta da artisti sconosciuti che dal 61 hanno detto NO. In questi ventotto anni, più di cento persone sono morte cercando di andarsene. Dal 49, quasi tre milioni di persone, uomini e donne, da qui, sono scappati verso l'occidente. Da una parte e dall'altra,  c'e' la voglia di cambiare. Ma come? In mezzo c'e' questo Muro crollato senza picconi e senza sangue. Fino a poche ore fa era simbolo della divisione delle due Germanie e dell'Europa. Adesso sembra un mostro senza fiato.

    Appunti di viaggio -2

    0

    Casablanca. Al primo sguardo, è un sole caldo che brucia la pelle e l’arrivo su marciapiedi sconnessi di perferie del Sud. Sull’orizzonte di intrichi di strade, squarci di facciate decò del protettorato che fu. Che splendide si allargano, girato l’angolo, sui larghi viali della città moderna. Casablanca, è confusione di folla, e caos inquinato di automobili, che tolgono il fiato. Prima di arrivare alla confusione impossibile di medina. Scarpe, teli, abiti, frutta, verdura, animali, spezie, cianfrusaglie, una piramide di melograni, e fumo di carni e interiora ad arrostire. Vicoli bui e sguardi d’elemosina che non pronunciano parole. Tre dirham per un cono di carta di ceci bolliti e uno spruzzo di curcuma. E già la paura di perdersi. Via, via. Fuori dalle mura, di là dall’orologio che sovrasta la piazza. E Casablanca è esplosione di piazze e giardini. Dove inseguendo una palla giocano ragazzini. E lo spazio, aperto, è tutto loro, e il tempo del futuro sembra infinito, e infinito il loro spazio fra la terra e gli alberi. E viene un pensiero, di tristezza, per i nostri bambini, prigionieri, di case, di nevrosi di giochi bugiardi, di tempi adulti, che già non appartengono più loro. Prigionieri del tutto che hanno. Ma, appena arrivati, non c’è molto tempo per pensare. Più forte prende, ovunque, l’odore nuovo dove si mescolano, ed è difficile, per ora impossibile, distinguere, sentore di spezie, di cibi cucinati, aroma di caffè dei caffè, di menta dolciastra infusa nel tè, odore di gatto, di pani appena cotti e di dolci e di miele e di fritti… L’odore di una porta che si apre sull’Africa… 

    Appunti di viaggio

    0

    Un pensiero, per iniziare. Valeva la pena arrivare fin qui, solo per vederle. Le cicogne. Discrete signore dei tetti. Di Marrakech. Che sorvegliano, con affettuosa, attenta indifferenza, dall’alto dei loro nidi. Sul punto più vicino al cielo delle rovine, affacciati sugli spazi immensi del palazzo del Sultano che fu. Su un tetto. Sopra una sporgenza di mura. In bilico, sembra, su quel che resta di un bastione corroso dal tempo. Si potrebbero trascorrere ore, a guardarle. Fantastiche. Come quella coppia ritta sul nido intrecciato di rami secchi. Sette cieli al di sopra del chiasso della città. Basta salire fino all’ultimo piano del Nid’Cicogne. Appunto. Un ristorante sui tetti. E vederle, all’altezza dei tuoi occhi, dall’altro lato della strada. Le cicogne. Immobili nel sole. Poi un uccello muoversi, e spostarsi sul ciglio estremo del morso di muro. Ancora tornare accanto alla compagna, piegare il capo all’indietro, fletterlo in avanti. E sorprendersi di quell’improvviso battere il becco veloce, e del suono, più forte delle voci della folla laggiù nella strada… Scambi, fra loro, di parole, leggere. Di felicità, forse. In attesa che trascorra e passi l’inverno. Prima di ripartire per le latitudini su a Nord. Solo un pensiero. Alle cicogne. Per iniziare a raccontare…

    Anniversari corsari…

    0

    Ricordando, sia pure con qualche giorno di ritardo, l’anniversario della morte di Pasolini, e ripensando, a quanta storia di oggi, nelle sue parole di ieri, di profeta che grida nel deserto. Con le parole di Eduardo de Filippo. “Non li toccate / quei diciotto sassi / che fanno aiuola / con a capo issata / la “spalliera” di Cristo. / I fiori, / sì, / quando saranno secchi, / quelli toglieteli, / ma la “spalliera”, / povera e sovrana, / e quei diciotto irregolari sassi, / messi a difesa / di una voce altissima, / non li togliete più! / Penserà il vento / a levigarli, / per addolcirne / gli angoli pungenti; / penserà il sole / a renderli cocenti, / arroventati / come il suo pensiero; / cadrà la pioggia / e li farà lucenti, / come la luce / delle sue parole; / penserà la “spalliera” / a darci ancora / la fede e la speranza / in Cristo povero”. (Pier Paolo da ‘O penziero e altre poesie di Eduardo )

    Sirene. Da un’altra riva

    0

    Prima di partire, per il Marocco. Un saluto, con un brano della follia di Moha (sì, Moha il folle, di Tahar Ben Jelloun). Ecco: “I miei figli? Non li vedo mai. Credo si vergognino di me. Hanno paura della follia. Allora un giorno gli ho detto che la follia non è ereditaria. Peccato! Perché, vedi, vivono senza poesia, senza generosità, senza tenerezza. Si occupano di affari. Vanno a gran velocità sulle strade. Un giorno perderanno la vita alla luce del sole. E’ una cosa indegna!. Ebbene- tu, non dimenticarmi, sai. Una sera ce ne andremo, come facevamo una volta, a parlare del mare. Ti ricordi? Parlavamo fino a quando appariva la sirena. Che splendore! Che emozione! A me mancava il fiato, e tu restavi a bocca aperta con la saliva agli angoli delle labbra. Per lo meno  avevamo questa gioia e questo potere, unico al mondo, di far uscire le sirene dal mare e di ballare sulla sabbia fino al mattino…”. Prima di partire. Aspettando le sirene. ( “Moha il folle, Moha il saggio” Tahar Ben Jelloun. Feltrinelli)… A novembre!

    Underground

    0

    Cronaca da un’altra riva.

    Mi piace. Non c’è che dire. E’ la parte del mio andare che mi piace di più.Comincia nel momento in cui la luce inquinata del giorno vira nel tranquillo pallore del primo tratto del sottopassaggio. Dopo la discesa di appena dodici gradini e la breve galleria a destra. Altri sette gradini e poi subito ti avvolge l’aria calda di terra e umido e fatica di corpi, a tratti trapunta di un lieve fetore di plastica appena bruciata. La respiro a pieni polmoni. Mi piace lasciarmi invadere da questo odore che stordisce un po’ e conduce, quasi in stato di lieve incoscienza, al rullo della scala mobile. Che si muove lenta, lunghissima e indifferente. Mentre oltre le teste e i corpi che all’unisono scivolano verso il basso, come in un lento zoomare si avvicina la piattaforma che porta ai treni. Ed è lì che finalmente si apre lo spazio del tempo che scorre certo e lento lungo il binario sotterraneo. Vuoi mettere con il disordine della strada, di sopra. L’aria fetida di gas, le zaffate che sfuggono a sorpresa dalla penombra dei locali. Il rombo sordo dei motori, squassato da urla improvvise. Trilli meccanici, voci scomposte e grida di uccelli smarriti. Cieli instabili che con l’umore cambiano di luce, all’alba chiari, al pomeriggio già velati e poi la pioggia che si alterna al sole, e la notte che soppianta il giorno.

    Invito a conoscere il passato

    0

    Da oggi si aggiunge ai siti consigliati (colonna a destra) il sito di Giuseppe Casarrubea e Mario J.Cereghino. Si apre con questa foto di Robert Capa, dell’agosto del ’43. L’immagine di un contadino di Troina che indica qualcosa, forse una strada, a un soldato americano. Un blog fonte preziosa di memorie da dissotterrare. Che viene presentato così: “Questo blog vuole conservare la memoria dei fatti accaduti nel corso della storia italiana negli ultimi cento anni. Non di tutti i fatti però che la cultura dominante ha voluto tramandarci, ma diquelli che esse ha rimosso, o mistificato, o nascosto. Gli strumenti ai quali ricorreremo sono gli archivi segreti italiani e stranieri nonché materiali vari deruvanti da donazioni private. Questo blog, dunque, non è altro che un’occasione per restituire la verità che non c’è stata data. Un modo semplice e democratico per costruire consapevolezza critica e identità di singoli e di collettività intere. Con umiltà. Sapendo di poter sbagliare, ma con la voglia di costruire nel nostro piccolo un futuro a misura d’uomo”. Perché, si legge sotto la testata, occorre conoscere il passato per dare risposte al futuro.