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    Rosalia. Quasi una fiaba… 2)

    Ma tre anni di visite e riflessioni sottoterra non avevano partorito che confusi appunti. Ancora non si era avverato il prodigio per il quale avrebbe venduto l’anima. Vi pensò con sconforto mentre si avvicinava alla cripta dov’era la bara di cristallo della piccola Rosalia.
    Rosalia. Il miracolo chimico che impediva a quel corpo di dissolversi in polvere l’aveva immobilizzata così: una bambola che si era appena addormentata. Sembrava ancora tiepida della carezza che le aveva sistemato il nastro fra i capelli. D’un rosa antico, come il morbido colorito del viso. La Bambina. Mai più viva e mai più polvere.
    Negli ultimi mesi il suo interrogare e interrogarsi era diventato sempre più ansioso, come incalzato dalla fretta di chi sappia di essere vicino all’esaurirsi del proprio tempo. E uno strano stato di ipnosi si impossessava di lui ogni volta che si avviava all’appuntamento con le mummie dei Cappuccini.
    Prima di scendere sottoterra, sempre percorreva i viali recitando la formula che andava recitata. ‘Se voi tenete sotto il vostro potere colui o quella per la quale io mi interesso, io vi scongiuro di farmelo comparire all’ora e momento che vi indicherò’. Raccoglieva da un’aiuola un pugno di terra da spandere, lo dettavano gli antichi testi, come si semina in un campo, e ripeteva: ‘colui che è in polvere si risvegli dalla sua tomba, ed esca dalla sua carcere e risponda alle domande che gli farò, in nome del padre di tutti gli uomini’’. Si volgeva poi verso occidente: ‘ego sum qui te peto, et videre quero…’
    Una delle ultime domeniche la frase gli si era inceppata sull’implorazione degli ultimi due verbi. ‘ et videre quero…’. Aveva provato a ripeterla, ma ogni sillaba si era andata frantumando sulle pareti delle cappelle, sulle croci di ferro, fra le crepe di gesso delle statue, e mai si ricomponeva nelle parole. La domenica appena precedente, poi, qualcosa l’aveva indotto a fermare lo sguardo sui caratteri gotici di un riposa in pace, ed era stato certo di aver udito l’eco di una ridda di pugni soffocati salire dal vuoto della terra.
    E questo pomeriggio i camminamenti del sotterraneo gli erano sembrati interminabili. Inseguito dall’eco dalla voce del padre guardiano che non si era, come le altre volte, polverizzata sul limite della prima parete.
    Si era trovato quindi a compiere il solito percorso con un certo affanno, sentendosi quasi sfiorare da ognuna delle migliaia di mummie che erano lì inchiodate alle pareti, in quella infinita affollata teoria di sudari. Mentre sentiva crescere da tutte quelle ossa cave una sorta di sordo ronzio. Voce di morte precipitata come neve sporca.

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