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    Un racconto… – 5

    Il mattino seguente erano già in tre. Boh, l’assassino e Jimmy. “ Jimmy lo scimpanzé della gabbia di fronte ”, si è presentato il terzo ospite allungando la zampa pelosa. Di fronte? “Di fronte, naturalmente” hanno risposto in coro Boh e l’assassino. “Possibile che bisogna sempre spiegarti tutto?”.Mi hanno messo sotto gli occhi l’articolo di un giornale. Pagine di cronaca locale.

    Titolo: SBRANATO DAL LEOPARDO Catenaccio: La vittima, frequentatore dello zoomercato, aveva preso le chiavi di nascosto. Il felino è stato ferito da una raffica di mitra. Nella foto: il leopardo assassino.

     “Capisci che roba? Mi hanno detto che qui avrei trovato il modo per aggiustare il tiro”.

    Ammetto di essere stato in difficoltà. Metà del mio cervello era impegnato a chiedersi per quale perverso scherzo qualcuno (e chi?) si era preso la briga di indirizzare a me questi strani soggetti. Ma Jimmy, lo scimpanzé, sembrava deciso a non perdere tempo. Mi ha consegnato dei fogli dattiloscritti con la preghiera di inserirli quanto prima fra le pieghe del mio mondo di cartone. “Perché almeno qui si sappia” mi ha detto.

    Il testo:

    Permettete che vi racconti come è andata?

    La scena: inverno. Bianco di neve, anzi grigio di ghiaccio frantumato sotto impronte sporche. Le tracce disegnano, prima ordinate poi confuse, un sentiero distratto. Intorno squittii, ringhi, versi muti, come in qualsiasi inutile pomeriggio. sullo slargo ancora terra e sangue dove ieri era il cadavere del ragazzo naturalmente, come si dice, rimosso. l’arma del delitto: gli artigli. sono ancora lì ben piantati nella loro custodia (immagino abbiano tentato di portarli subito via per la perizia e metterli agli atti, ma non deve essere stato possibile), all’estremità della zampa destra di fred, il leopardo. il colpevole appunto. oggi, a 24 ore dal fatto, ancora non c‘è silenzio. ancora rimbomba l’accusa: assassino. ASSASSINO. termine da ridefinire.

    ebbene, io jimmy, lo scimpanzé della gabbia di fronte, conosco da tempo fred. ora è immobile, sdraiato su di un fianco. punta su di me i suoi occhi gialli. non li ha chiusi nemmeno per un attimo. non mi ha detto una sola parola. la ferita sul collo è piena di sangue. il colpo di fucile non deve essere andato molto a fondo, ma non si salverà. Per via di quell’accusa: assassino.

     

    Il contorno giallo dell’assassino tremolò sul divano.

     

    La ricostruzione dei fatti.

    freddy aveva una gran fame. se ne lamentava da giorni. dalle sbarre no arrivava che freddo. l’ho visto agitarsi più del solito, ho immaginato stesse scaldando i muscoli. è bastato mezzo balzo, l’ho visto sbattere contro il fianco destro della prigione. una follia. dunque aveva molta fame quando ha visto quel ragazzo avvicinarsi; non so perché abbia aperto la porta della gabbia; non ricordo di avere visto del cibo nelle sue mani; probabilmente fred non si è neanche chiesto se ne avesse per lui; aveva occhi solo per la fessura dilatata delle sbarre e io sentivo dilatarsi anche il cuore mentre lo intuivo misurare lo spazio per il balzo che stava aspettando da anni; fra lui e il salto solo il ragazzo e fred sapeva che non avrebbe opposto la resistenza delle sbarre; l’ha colpito fissandolo negli occhi, lo posso giurare, non è stato un colpo a tradimento; ho visto il ragazzo cadere, agitarsi e ho sentito l’odore del sangue; l’avrà sentito bene anche fred, e a quel punto non poteva lasciarlo sfuggire, era la sua preda; l’avrebbe difesa contro tutti, per ore, se non lo avessero colpito, loro sì, in un agguato sleale che lo ha riconsegnato alle sbarre; dove l’unica libertà che avrà sarà quella di morire.

    assassini. loro sì.

                       firmato

                                                    jmmy

                                           lo scimpanzé della gabbia di fronte

     

    “Spero che questa mia deposizione ponga sotto una diversa luce l’accaduto” disse Jimmy. “ E non mi scuso se non uso le maiuscole dopo i punti”.

    Nessun commento. Ho percepito solo la sagoma gialla dell’assassino percorsa da brividi di imbarazzo e di rabbia. Jimmy, soddisfatto della lettura che avevo fatto del suo rapporto, ha preso posto anche lui nella mia casa di cartone. E’ andato a sedersi sullo sgabello dietro la scrivania e mi ha chiesto di disegnare per lui un albero di cocco e una giovane scimmia.

    Io mi sono sentito in dovere di fare del mio meglio. Perché gli ospiti vanno sempre messi a loro agio. Quindi sulla parete alle spalle del divano ho disegnato un albero di cocco e una graziosissima primate che tutti coralmente hanno battezzato Geraldine. Jimmy ha applaudito con l’entusiasmo che solo gli scimpanzé sanno mostrare battendo le mani. Poi, senza curarsi di noi, ha preso per mano Geraldine, l’ha condotta vicino alla finestra e le ha indicato le luci che vi avevo disegnato. Sono quindi rimasti a guardarsi a lungo negli occhi, sullo sfondo del riquadro di cartone. Poi Jimmy ha preso un gessetto bianco; ha disegnato in alto a sinistra un quarto di luna e in basso a destro una panchina. Quindi Jimmy e Geraldine si sono seduti per darsi un bacio prima di addormentarsi, incuranti del nostro imbarazzo. Anzi, del mio imbarazzo. Con quella luna che faceva tanto mezzanotte, anche gli altri due ospiti si erano addormentati.

    Ho osservato tutti a lungo: Jimmy, ora abbracciato a Geraldine, testimone della cronaca dell’ordinario tutto da riscrivere; Boh, fuggito dal taglio basso in quarta pagina di un foglio di quartiere; l’assassino, disperazione in fuga dalle parole omologanti dell’accusa. Tutti protagonisti, ora, di una sorta di realtà virtuale della quale sono prigioniero anch’io. E con un impegno da mantenere nei confronti di ciascuno di loro, ma soprattutto di me stesso. Per un mondo di parole e di carta tutto da rivedere. ( 5- continua)

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