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    Aspettando gli Avi…

    aspettando aviRicordate “Aspettando gli Avi”? Ne parlo ogni anno, di questi tempi… da quando, la notte del primo novembre di otto anni fa, a Pulcherini, che è frazione del comune di Minturno, nel momento in cui le luci del paese si sono spente, sulla finestra di ogni casa si è acceso un lumino, e l’intero paese ha fatto da cornice allo spettacolo ideato da Anna Rita Persechino. Una “festa”, oggi alla sua nona edizione, per ritrovare il tempo in cui c’era sempre un momento, uno spazio per ritrovarli, gli avi che se n’erano andati. E di anno in anno, la manifestazione, rinnovandosi, è cresciuta e si è arricchita. Fino alla bella sorpresa di quest’anno. Un lungo incontro, che si è svolto nell’arco di tre giorni, nella cattedrale di Minturno, con lo sfondo di una scenografia di simboli della luce: melagrane, castagne, dolci…
    E sono stati i bambini l’anima della festa. Perché quest’anno Annarita Persechino, che è insegnante di scuola primaria, ha voluto che fossero loro a prendere in consegna i simboli della luce e allestire il palcoscenico degli incontri.
    “Perché il bambini sono il futuro” spiega, “e a loro va consegnata la tradizione, la dolcezza di un momento, il giorno dedicato a chi non c’è più, che era luce, era festa… e questo dovrebbe tornare ad essere, per tutti”.
    Per questo ha preparato per loro e con loro, l’arredo di una scenografia quanto mai suggestiva, fatta di tovaglie antiche, di frutti che sempre nel corredo funerario hanno rappresentato la luce… e ci ricorda che “la morte ci appartiene, e non possiamo ignorarla” e che “non dobbiamo dimenticare che è con il seppellimento dei morti che inizia la civiltà”.
    E una lezione sulle civiltà è stato l’intervento di Laura Marchetti, antropologa, che insegna didattica generale e delle culture dell’Università di Foggia. Il suo è stato una lezione, un racconto, un affascinante viaggio tra passato e futuro sul filo del legame tra vivi e morti. Cos’è stato, cos’è diventato…
    Già. Se ci sono civiltà che hanno sentito il bisogno di far tornare i morti (anche metaforicamente parlando), mantenendo il rapporto con la memoria, il sacro, anche con la morte di se stessi… altre hanno deciso che per aprirsi al nuovo bisogna dimenticare il passato… E noi? Noi oggi? “Noi smemorati abbiamo perso il rapporto con il passato e con la morte… complice la tecnologia, che è linguaggio di un mondo di eterno presente”.
    E’ vero, “per vivere bisogna ogni tanto dimenticare…”. Ma forse troppo oltre ci siamo spinti.
    Bella lezione quella di Laura Marchetti, che ci ricorda che la morte è costitutiva dell’umanità e che l’umanità (termine che ha la stessa radice di inumare) è nata in quanto specie culturale e simbolica, quando a imparato a seppellire e tramandare…
    E non poteva non andare un pensiero all’enorme bara che è diventato il Mediterraneo.
    “Dove- ha detto al termine del suo racconto Laura Marchetti- la gente non solo muore, ma scompare. Perché di quelle vite non si sa più nulla”. E nessuna narrazione potrà restituire la vita alla comunità che le ha perse.
    Bella lezione, e bella iniziativa tutta, questa “Aspettando gli Avi”, che con passione Anna Rita Persechino porta avanti, convinta della necessità di trasmettere ai bambini memoria e, con questa, il desiderio di abbracciare il passato per avviarsi verso il futuro…
    E non dimenticheranno i bambini le narrazioni che hanno riempito i tre giorni e le notti di “Aspettando gli Avi”. Non dimenticheranno le luci e le musiche di queste notti… Impareranno, l’importanza del narrare, del narrare anche la morte, che è cosa “che restituisce vita alle comunità”, e che ci fa ancora umani…

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