Jasmine. Non ricordava il suo viso. Non ricordava dove l’avesse incontrata, quanti anni avesse, quale il sapore della pelle, come portasse i capelli, il suono della sua voce, sempre che la sua voce avesse un suono. Non era neanche certo di averla mai conosciuta. Ma Jasmine era ormai in quella lettera, e nelle altre ventitré lettere che componevano il mosaico di un silenzioso dialogo. Jasmine era ancora una volta lì. Con gli aliti delle sue parole leggere, allegre, violente, lontanissime, vicinissime. Ma soprattutto, con quelle dannate parole senza senso fatte cadere qua e là fra le righe, secondo le regole di un codice che Andrea ancora non riusciva a decifrare. E che, sapeva, lo avrebbero fatto impazzire. (2- continua)
L’amante di carta
Il tocco meccanico della fermata dell’ascensore al piano. Il cigolare sulla ruggine del cancello. Tre passi verso la porta. Un fruscio come di foglia secca. Ancora tre passi, il colpo dell’ascensore richiuso e il vortice d’aria risucchiata lungo la tromba delle scale. 4.3.2.1…tac! Otto gradini soffocati e un altro, ora lontanissimo, sbattere di porte. La portiera era rientrata nei suoi confini, seppellita nell’interrato. Solo allora Andrea si alzò dalla scrivania. Si avvicinò alla porta, l’aprì e con cautela si affacciò sul pianerottolo. Controllò che la porta di fronte fosse chiusa, che nessun suono sospetto salisse dalle scale, le scese di corsa e sbirciò finalmente nella cassetta della posta.
Pensiero di giugno
“Venga, presto. / Presto, mi dia un poco della sua forza. / Venga nel mio viso”. Silenzio, e poi... 11 giugno 1995, da C’est tout. Scorrendo, sui pensieri, di Marguerite Duras. Oggi, pensiero di questo giugno, che ancora non sa, se correre verso l’estate. O ancora irrigidirsi in folate d’inverno.
aspettando…

……………………………………………………………………………. Gaza. Children looking for food…
Mare nero
“In un racconto de Le mille e una notte si legge che la Terra e gli animali tremarono il giorno in cui Dio creò l’uomo. Questa folgorante visione degna di un poeta, assume al giorno d’oggi pieno significato, dal momento che sappiamo, ancora più del narratore arabo del Medioevo, a qual punto la terra e gli animali avessero ragione di tremare”. Lo scriveva Maurguerite Yourcenar. Chi sa se lo spirito delle bestie scenda giù sotto terra, ( dalla raccolta Il tempo, grande scultore, Einaudi). Rileggendo, ora che la marea nera ha trasformato uno spazio enorme di mare in acqua morta, ora che terra morta sono diventati i suoi fondali. E tutto quel nero petrolio, chissà quanti esseri della terra, dell’aria e dell’acqua ha ucciso e continuerà a uccidere. Morire di mala morte. Nei nostri oceani. “Dove il pesce è sacrificato ai petrolieri”, ancora da Il tempo… Rileggendo, e ripensando ai versi dell’Ecclesiaste a cui rimanda il titolo dell’articolo della Yourcenar : Chi sa se lo spirito dell’uomo salga in alto,/ e quello delle bestie scenda giù sotto terra? Davvero, sappiamo…?
Entrare fuori, uscire dentro
Dieci anni fa chiudeva a Roma l’ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà, ventidue anni dopo l’entrata in vigore della legge Basaglia. Un pensiero, a quell’ultimo atto di un processo, lungo e spesso tortuoso, che ha voluto smontare la macchina manicomiale, spostando i percorsi di cura, restituendo ai malati di mente il diritto alla cittadinanza in un tessuto sociale. Un percorso non semplice, che ha chiesto l’impegno di tutti, insieme medici, operatori, cittadini. Fra le altre cento cose che è diventato il complesso del Santa Maria della Pietà, c’è un Museo della Mente. Entrare fuori, uscire dentro, è il nome di una sezione del museo, con corpi che si chiantano contro barriere invisibili. “Entrare fuori… non è facile…” aveva detto uno degli ospiti dell’ospedale, quando gli fu detto, dopo chissà quanti anni di reclusione, che poteva infine uscire. Uscire dentro, nel senso di capire davvero cosa sia stata quella folle reclusione…. sembra ci sia ancora, oggi, chi non vuole capire…
salendo, salendo…
Salendo, salendo, seguendo un sentiero, scelto forse a caso, fra i percorsi del viaggio nel Barocco Napoletano. Che a maggio con il sole dischiude porte e portoni, di palazzi e chiese, altrimenti chiusi al mondo. Maggio dei Monumenti. La tentazione e la nostalgia sono troppo forti. Salendo, salendo, dunque, lungo le strade del Rione Sanità. Dove da sempre le voci di ieri e di oggi si rincorrono fra i vicoli, rimbalzando dalla strada alle facciate dei palazzi. Celandosi e poi ricomparendo, fra la frutta delle bancarelle, i colori delle stoffe al vento. Fra i cespugli di verde e di fiori che come piccole lingue di lava muschiata precipitano tra le inferriate dei balconi. Perché solo un soffio più in là, anzi ancora già qui, è il tempo della collina salubre di boschi e di ville e giardini. Le voci, vecchie e nuove, sono le voci del teatro di sempre. Ma oggi capita che, più forti, è possibile sentire le voci di ieri. Non c’è neanche bisogno di farci particolare attenzione. T’inseguono loro…
Inciampando…
Inciampando in un verso del Viaggio all’inizio delle notte… “Ci sono per il povero a ‘sto mondo due grandi modi di crepare, o con l’indifferenza dei suoi simili in tempo di pace, o con la passione omicida dei medesimi quando vien la guerra. (…)” . Céline, naturalmente…
Pensiero di Maggio
Un pensiero a una Madonna. A quella che ad Acquapendente, vicino Viterbo, compì il miracolo della fioritura di un ciliegio, da tempo nulla più che un pezzo di tronco morto. Correva l’anno 1166, e vi dominava il terribile Barbarossa. Quel ciliegio, così inaspettatamente, miracolosamente fiorito, fu il segnale che basta, che era ora di sollevarsi contro il tiranno… E libertà fu. Così si narra. Così oggi si ricorda il miracolo del desiderio di libertà rinato, con pannelli fioriti. Pugnaloni. Allora armi contadine sollevate contro la tirannia. Oggi mosaici di petali di fori. Un pensiero alla Madonna. Proprio a quella lì, oggi scolpita in un tronco di legno. Sperando, chissà, che ancora compia il miracolo. Della fioritura di tronchi di alberi morti. Aspettando, guardandosi intorno…
Un racconto… – 9
La mattina seguente ci siamo ritrovati, tutti ancora carichi di emozione, intorno al tavolo della colazione.
Boh ancora pesto, Jimmy decisamente esaltato, l’Assassino gonfio d’orgoglio, Geraldine affettuosa e premurosa con tutti. Ma non sono riuscito a lasciar vivere loro neanche un giorno d’illusione. Non fa proprio parte del mio carattere. Eliminare Oscar era stato certo un risultato importante, inaspettato. Ma il mondo fuori della nostra scatola di cartone era affollato di Oscar. Eliminarli tutti? Una follia. Bisognava ipotizzare un diverso percorso, magari invertendo i termini del problema. Ricominciando a lavorare, perché no, sulla materia prima, insomma sulla carta e sulle parole. Partendo, ho cominciato a ipotizzare, dal materiale di carta e di parole che avevamo già a disposizione.
Non sono riuscito a elaborare un pensiero appena più compiuto che Jimmy, ancora euforico, ha preso in mano la situazione guadagnando con un salto lo sgabello della scrivania…