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    Atene, continuando…

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    Continuando, a ricordare Atene… il giorno dopo… nel porto assonnato…

    Il Pireo. Nel giorno di Santo Stefano, la mattina non tardi ma neppure troppo presto è un altro day after. Come surreali geometriche masse di lava vomitata da ferite dei colli, i blocchi di edifici bianco grigi di cemento arrivano fino al mare. Sembrano quasi sul punto di buttarvisi dentro, ma si trattengono, invece, sul limite del serpente di strada del lungomare. Dove la passeggiata è dolce. Incombono, immense, sagome di navi immobili. Prima di arrivare sul porto, intraviste dall’intrico di strade, sembrano emergere dalla terra, quasi fossero anch’esse puntellate da strutture di cemento armato.

    Qua e là sulle strade, anche qui cani. In attesa. Di essere riportati a casa, e non importa se non più dagli stessi uomini che li avevano abbandonati, un mese, tre mesi, un anno prima. C’è un meticcio, …

    Un racconto… – 8

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    Una risata che sembrava coniata nell’acciaio. Poi: “Stappati bene le orecchie e ascolta!”

    Seguì una voce molto simile a quella di Boh, ma come deformata da alta tensione, quasi robotica; sillabante; agghiacciante: “titolo…in grassetto…UN UO-MO…SDRAIA-TO…SUI-BI-NA-RI…TRA-VOLTO-DA-UN-TRE-NO…ALLE-POR-TE-DELL-A…CIT-TA’…

    Un-uo-mo…forse di origi-ne…nord-afri-ca-na, dall’apparente età di 22220-25 anni, non-anco-ra-i-dentificato,è stato-tra-volto-da…un..tre-no…oggi-all’alba-mentre-poco-fuori-della…sta-zione-si-tro-vava… sdraiatoinmezzoallerotaie…”. “Scadisci bene, idiota!” la brusca interruzione di Oscar. Sentii Boh gemere, tossire, poi riprendere. “Sarà-l’autopsia-a-sta-bi-li-re-se-l’uomo-sia-sta-to…ucciso-dall’impatto…o.se.fosse.già.M-O-R-T-O”.

    Una carezza per capovolgere il mondo

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    “E bastava un’inutile carezza per capovolgere il mondo”, un pensiero di Basaglia, dal manifesto che annuncia il prossimo Congresso Nazionale di Psichiatria democratica. Un invito.

    Pensando, a quell’uomo seduto sul tratto di marciapiede fra il bar e il negozio di formaggi, a pochi passi dall’incrocio. Le braccia incrociate sulle ginocchia. A guardare la gente che passa. In attesa del niente. O di tutto. Con gli occhi buoni, che a volte si accendono. A volte, sono fessure di grigio che guardano lontano. Non parla. Non chiede elemosine. Solo, a volte, accetta sigarette. Da qualcuno che, con gesto non richiesto, intreccia gesti di sentire familiare. E se gli sorridi ti sorride, e a volte è lui a schiudersi per primo. E c’è il sole senti che ne è contento, e i suoi pensieri chissà dove galoppano. Oggi piove, ma pure riapparirà, come sempre, come nato dal marciapiede. A confortarsi  dello spettacolo del mondo che passa. O a guardarlo, come perplesso, dalla sua riva lontana, a tratti scuotendo appena la testa.

    Un racconto… – 7

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    Maledetto Oscar.

    Ho in piena onestà spiegato allora a Jimmy e all’assassino quale fosse la situazione, ma credo che solo Geraldine abbia veramente afferrato il senso del mio racconto. E’ scoppiata immediatamente a piangere.

    “Dovrà vedersela con me!”. Senza darmi il tempo di replicare, Jimmy ha afferrato dei fogli di carta, due matite, una gomma, ed è uscito via di corsa. Geraldine è passata dal pianto a urla di disperazione. “Non posso lasciarlo andare via da solo. E’ un dilettante!” è saltato in piedi l’assassino, che a fatica ho convinto a non muoversi. Gli scimpanzé, ho spiegato, hanno risorse insospettabili: parafrasi dell’uomo, sono a volte più funzionali dell’elemento di paragone, l’uomo appunto, e tutti i suoi derivati, assassini compresi. L’assassino deve essersi per un attimo adombrato, ma ho capito subito che aveva compreso che stavo annaspando: in realtà non volevo restare in casa solo con Geraldine. E il mio ospite, che di paure e di inquietudini doveva intendersi bene, deve aver ritenuto alla fine più opportuno fermarsi con me. Sono seguite ore drammatiche.

    Dallo scoglio de Li Galli

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    Pensiero di maggio. Affidato al profilo di Sirena. Che ha qui il volto e il colore ambrato del Sud. E sul suo scoglio, laggiù, a qualche bracciata da terra, si è fermata a guardare la costa. Cosa ha visto? La risposta nella bocca dischiusa di stupore, nel cenno di tristezza del capo inclinato, negli occhi sbarrati, volti altrove. Ma che ancora riflettono le immagini di schermi stregati. Gli stessi che confondono e imbrigliano la nostra vita, quaggiù, sulla riva. Allontana lo sguardo, ma ancora non fugge via, Sirena. Ancora aspetta, chissà…

    Un racconto… 6

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    Non c’era tempo da perdere. Dovevo cercare per ciascuno una soluzione prima che fosse troppo tardi, prima almeno dell’esaurimento delle riserve di latte e caffè che i miei ospiti sembravano apprezzare con eccessivo gusto. Ho quindi elaborato un piano che la mattina seguente ho democraticamente sottoposto loro. Il piano è stato approvato. In base a un incontestabile diritto di precedenza il primo tentativo è spettato a Boh. Così Boh ha varcato il confine di carta di queste pareti. Si è voltato a guardarci salutarlo sulla porta. Ha abbozzato uno sguardo di sfida ma non è riuscito a nascondere il battito di tensione delle ciglia. In bocca al lupo, l’ho incoraggiato. In uno zainetto aveva tutto l’occorrente: un lapis, una matita, una gomma, buona anche per l’inchiostro, un pennarello rosso, uno verde, dieci copie della versione esatta della sua storia, una copia della versione, per così dire, “ufficiale”, alcuni scritti con ipotesi intermedie, mezza risma di fogli di riserva. Gli ho ricordato, particolare da non trascurare, che aveva anche un naso nuovo, di foggia decisamente occidentale. Gli ho raccomandato di darmi sue notizie appena possibile, almeno per le prime ore del pomeriggio. Tutti concordammo sull’opportunità che rientrasse prima di sera. Ma alle cinque del pomeriggio da Boh non era arrivato alcun segnale.

    Storia di Ivano

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    Storia di Ivano, come la racconta Carmelo Musumeci, ergastolano, dal carcere di Spoleto. Cronista, per noi, da quella riva lontanissima che è la reclusione senza spiragli. Una pagina fra le tante, scritte guardandosi intorno, e guardandosi dentro. Urla dal silenzio. Proviamo, qualche volta, ad ascoltare.

    “Ivano è nato il 9/01/1971. Ivano è stato arrestato il 20/11/1991, all’età di diciannove anni. Ivano, quando è stato condannato alla pena dell’ergastolo, pensava che non era ancora morto, perché avrebbe potuto uscire dopo 20, 30, 40, 50, addirittura dopo 100 anni di carcere, in permesso, semilibertà, e in condizionale. Ivano, col suo trentottesimo compleanno, ha passato più anni in carcere che fuori. Ivano ha sempre creduto a quello che sentiva alla televisione e pensava che quello che leggeva sui giornali fosse vero. Ivano ha sempre creduto a quello che dicevano i politici: La pena dell’ergastolo in realtà non esiste perché si può uscire in permesso premio, in semilibertà e condizionale. Ivano è stato un ingenuo: per vent’anni ha creduto che un giorno sarebbe uscito, che un giorno si sarebbe sposato, che avrebbe avuto dei figli.

    Un racconto… – 5

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    Il mattino seguente erano già in tre. Boh, l’assassino e Jimmy. “ Jimmy lo scimpanzé della gabbia di fronte ”, si è presentato il terzo ospite allungando la zampa pelosa. Di fronte? “Di fronte, naturalmente” hanno risposto in coro Boh e l’assassino. “Possibile che bisogna sempre spiegarti tutto?”.Mi hanno messo sotto gli occhi l’articolo di un giornale. Pagine di cronaca locale.

    Titolo: SBRANATO DAL LEOPARDO Catenaccio: La vittima, frequentatore dello zoomercato, aveva preso le chiavi di nascosto. Il felino è stato ferito da una raffica di mitra. Nella foto: il leopardo assassino.

     “Capisci che roba? Mi hanno detto che qui avrei trovato il modo per aggiustare il tiro”.

    Ammetto di essere stato in difficoltà. Metà del mio cervello era impegnato a chiedersi per quale perverso scherzo qualcuno (e chi?) si era preso la briga di indirizzare a me questi strani soggetti. Ma Jimmy, lo scimpanzé, sembrava deciso a non perdere tempo.

    Abissi

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    Un pensiero, per salutare aprile, il più crudele dei mesi. Che ancora genera, come disse il poeta, lillà dalla terra morta. E ancora risveglia desideri sopiti. Affidando il ricordo di aprile allo sguardo di questo mostro marino. Che dall’abisso nasce e sull’abisso spalanca la sua fame di vento. Ma non sa, se davvero ruggire. Vedete? Basta fissarlo diritto negli occhi, che appena sfuggono. E la fessura di un dente appena sbilenco, proprio non riesce a trattenere un sorriso nascosto. Un saluto ad aprile, dunque, con questo sguardo nato da un tuffo nell’acqua di Arianna Papini. O forse da un volo nei cieli delle sue tele, affollate di pesci fuor d’acqua. Che pure, fuori dall’acqua si muovono, sguazzano, si confondono e ci confondono. Attraversano in  silenzio tratti di cielo. E sono farfalle, e sono colombe, e sono bambini. Uomini, a volte. Che come aprile ancora, crudelmente, teneramente, mescolano memorie e desideri…(Abissi, acrilico su tela, cortesia di Arianna Papini)

    Un racconto… – 4

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    Ci siamo ritrovati seduti sul divano della mia stanza. Io e Boh, con gli occhi fissi sul cartone buio delle finestre. “Ti prego, ha sospirato Boh, restituisci a questa notizia un po’ della sua verità”. Puntava su di me un occhio triste e lontano. Ho preso le matite, ho scelto tre colori: bianco, verde e giallo. Sulla parete alla nostra destra ho tracciato due linee parallele e il capolinea di un binario. Ho disegnato una curva seguendo l’angolo della stanza fino ad arrivare al cartone delle finestre. Lì ho lasciato che il binario si perdesse nella notte, ma ho capito subito che Boh vi aveva già scorto sul fondo un’evanescente oasi verde. Mi ha sorriso. “Bene” ha esclamato prendendo appunti in un piccolo notes, che a me sembrò troppo piccolo…

    “Può bastare, mi ha detto con determinazione,…quando i pensieri nascono piccoli…” e si è addormentato prima che potessi avanzare obiezioni che non avevo.

    Ma le sorprese non sono finite qui.