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    Home Blog Pagina 145

    Enzo e Vincenzo

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    Due sguardi dall’altra riva. Tranquillo e appena sorridente di saggezza già alle spalle il primo. Il secondo, curioso, come un pò impaurito dallo spazio infinito del futuro che ha davanti. Ma pure pronto ad avviarsi, al fianco ancora della sua placida guida. Nel tempo lento dei calessi. Che già solo alla prima curva, avrebbe preso il volo…

    Ricordando Praga

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    Esattamente oggi, esattamente quattro anni fa. Vedrai.

    Vedrai, è stupefacente. Potresti persino piangere. Vedrai. Avevo assicurato. Né mi bastavano le parole per raccontare l’emozione, la tristezza, la paura, la commozione, che mi avevano preso l’anima, tanti anni prima. Al ricordo ancora fremevo. Vedrai, vedrai. Avevo continuato a ripetere in fila all’ingresso, attraversando le sale della Sinagoga, facendomi strada fra la folla di turisti in lenta e disordinata processione. Vedrai, è un disegno d’obelischi, in oblique geometrie impazzite, piantati nella terra, fra tronchi d’alberi e rovi, senza respiro, pietre di lapidi affastellate, a migliaia e migliaia, da non credere, vedrai, quasi a tenersi strette. Avvinghiate. Per non smarrirsi nella notte del tempo. Mi ero chiesta, allora, se fossero già loro, le stele di pietra, i fantasmi di questo giardino così affollato di morti. Fissati, mi era sembrato, nell’istantanea di una fuga impossibile.

    Vasi, teste… e piante di basilico

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    Avendo ricevuto in dono un bellissimo vaso. Testa di moro, come da antica tradizione siciliana. Il ricordo di una storia, un pò leggenda un pò realtà. Una storia d’amore, che ci riporta nella Sicilia di tanto tempo fa. Lui e lei, e un amore  che  profuma dell’aroma del basilico, che cresce rigoglioso ed odoroso come mai, quando innaffiato dalle lacrime della passione. Una storia struggente, di sventurati amanti, dei tempi in cui l’onore della famiglia andava difeso a tutti i costi, anche con il sangue e che il Boccaccio raccolse per il suo Decamerone: La “Triste historia di Isabetta da Messina”, che Filomena narra nella quarta giornata del decamerone. Abitavano dunque a Messina tre giovani fratelli, che facevano i mercanti, ed erano molto ricchi. E avevano una sorella, Lisabetta, molto molto bella, che però non era ancora sposata. E avevano, questi tre fratelli, un giovane garzone di bottega, Lorenzo, bello e leggiadro, che si innamorò di Lisabetta, e anche Lisabetta s’innamorò di lui e divennero amanti Ma una sera il maggiore dei fratelli vide Lisabetta entrare nella stanza del suo amante…

    Pensiero di marzo

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    Pensiero di marzo, guardandosi intorno. E guardandosi dentro. “Egli e’ un cittadino libero e sicuro della terra, perche’ e’ legato a una catena che e’ lunga quanto basta per dargli libero accesso a tutti gli spazi della terra, pero’ e’ di una lunghezza tale per cui nulla puo’ trascinarlo oltre i confini della terra. Ma al tempo stesso egli e’ anche un cittadino libero e sicuro del cielo, poiche’ e’ legato anche a una catena celeste, regolata in modo simile. Cosi’, se vuole scendere sulla terra lo strozza il collare del cielo, se vuole salire in cielo quello della terra. E cio’ nonostante egli ha tutte le possibilita’ e lo sente, anzi si rifiuta di ricondurre il tutto a un errore commesso all’inizio nell’incatenarlo”. Impareggiabile Kafka degli “Aforismi di Zurau

    Le Sirene del primo marzo…

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    A proposito della manifestazione del primo marzo. Il primo sciopero dei nostri immigrati. A proposito di persone altre che vengono da altri mondi che nessuno comprende… salvo alla fine coglierne tutti i vantaggi … Viene in mente Lusi, che è la protagonista di un racconto di Thomas Theodor Heine, scrittore, caricaturista, vissuto a cavallo fra ottocento e novecento, e che con maestria e leggerezza nelle sue fiabe ha ripreso i temi della narrativa popolare e ha fatto fare loro un bel tuffo negli ambienti borghesi della Germania d’inizio secolo (novecento intendo). Fiabe del secolo scorso, che sembrano storie dell’oggi. Lusi, dunque, è l’ennesimo travestimento di quegli esseri fantastici, un po’ paurosi, un po’ dee, che dai loro mari, di tanto in tanto si affacciano sulla terra… Lusi, il cui vero nome era Melusina, era  arrivata a fare la domestica in casa di una ricca coppia, proprio il giorno in cui era giunta la notizia della morte in mare del loro unico figlio. Lusi si era rivelata una domestica davvero invidiabile, anche se qualche volta diceva cose davvero strane. Aveva ad esempio chiesto di passare il suo giorno libero chiusa nel bagno… e poi… quella pesante collana di perle che portava sempre al collo! Era davvero inopportuno che un domestico portasse un gioiello falso così appariscente. Ma governata da Lusi, la casa andava avanti davvero bene… Fino al giorno in cui arrivò la crisi economica e le cose cominciarono ad andar male. Ed ecco che per aiutare il suoi padroni   Lusi, offrì la sua collana di perle. “Per aiutare lor signori” dice. Viene quasi presa in giro, nessuno crede che le sue perle possano avere alcun valore, salvo ricredersi dopo l’attenta valutazione di un orefice. La crisi economica… allora come adesso ancora… e quante sirene suggeriscono ricette… e quali perle, noi non riconosciamo … Ma la storia non finisce qui.

    Orchi…

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    Leggendo, dell’orca “assassina” che ha ucciso nel Sea World della Florida la sua addestratrice. Una domanda, politicamente per nulla corretta. Perché mai e di cosa sarebbe dovuta essere grata e felice l’orca? Animale degli oceani e degli abissi. Predatore dei mari sconfinati stretta nella prigione del suo acquario. Addestrata alla folle ripetitività di esercizi quotidiani. L’orca. In genere, leggo, non viene considerata minaccia per gli uomini. In genere, se attacchi ci sono stati, sono avvenuti in cattività. Nei parchi marini, appunto. Non so se quell’orca abbia mai visto il mare o sia nata nell’acquario e non conosca che il perimetro della sua piscina. Ma c’è una memoria che per tutti urla dal profondo del mondo. Forse l’orca, stanca della prigione dei suoi giochi, una di queste notti ha sognato l’oceano…

    Ritorno a Meknès

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    Leggendo, del crollo del minareto, tre giorni fa nella moschea di Meknès. Molta pioggia, fango, pietre e 45 morti. In un venerdì di preghiera. Ripensando a Meknès, forse già quasi quattro mesi fa. All’arrivo in treno, come su un sentiero in corsa a fendere le montagne, e il verde improvviso, dopo le pietre e il profilo lontano di un asino, fermo e solo, abbandonato nel nulla. Meknès, e la sua piazza bellissima, e le mura e il Palazzo e i segni dell’impero che fu. Città imperiale, che il respiro imperiale conserva nelle geometrie ancora intatto. E agli angoli delle strade e sulla piazza si affacciano vecchi, molti ciechi, a chiedere l’aiuto di un’elemosina, come i gattini, ciechi e malati che spuntano ovunque. E i camerieri dei bar sulla piazza, a tenere a bada, vecchi, gatti e ragazzini, perché non disturbino i pochi turisti. Li tengono a bada, allontanandoli, a volte, ma con gesti di attenta cortesia. Gesti accompagnati da pietas, se ancora per noi ha senso e significato la parola di questo antico sentire. Pochi turisti, perché Meknès non è Marrakesh. Ma forse proprio per questo conserva intatta la sua anima. Per questo, forse, ben più bella. Ben più struggente. Negli occhi dei suoi vecchi, nelle mani delle sue donne, nelle domande mute dei ragazzini. E le zampe sottili sottili degli asini, curve e quasi morenti, sotto pesi, enormi, che trasportano lungo le strade. Meknès e la preghiera che arriva dalla moschea. Un grido altissimo per dire che Allah è grande, e si prova anche un po’ di invidia per chi è convinto, davvero convinto, che ci sia da qualche parte un Allah, un dio, insomma, che sia grande. Meknés, e i suoi bar la sera colmi di maschi. Meknès e le notti insonni, del tempo e del luogo lontano che sempre ti obbliga a fare i conti con te stesso. Meknès e la pioggia. A novembre arrivata, corposa, senza fretta. Allora, avevo pensato, a nutrire la terra.   

    da Gerusalemme

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    Ripensando a Gerusalemme. Leggendo, della prima udienza sul caso di due famiglie sgomberate illegalmente, che si terrà martedì prossimo. Ricordando, il quartiere di Sheikh Jarrah. Dove ogni venerdì centinaia di israeliani e palestinesi, insieme con attivisti internazionali, pronunciano la loro protesta contro la politica di “giudeizzazione della città”. Una notizia che non fa notizia. Per chi è costretto ad essere straniero nella propria città, ritornano alla mente i versi di  Mahmoud Darwish. “Ricordate! Sono un arabo / E la mia carta d’identita’ e’ la numero cinquantamila / Ho otto bambini / E il nono arrivera’ dopo l’estate. /(…)./ Le mie radici / furono usurpate prima della nascita del tempo / prima dell’apertura delle ere / prima dei pini, e degli alberi d’olivo / E prima che crescesse l’erba./ (…) / Ricordate! / Sono un arabo. / E voi avete rubato gli orti dei miei antenati / E la terra che coltivavo / Insieme ai miei figli, / Senza lasciarci nulla se non queste rocce, / E lo Stato prenderà anche queste, / Come si mormora. / Perciò! / Segnatelo in cima alla vostra prima pagina: / Non odio la gente / Né ho mai abusato di alcuno / ma se divento affamato / La carne dell’usurpatore diverrà il mio cibo. / Prestate attenzione! / Alla mia collera / Ed alla mia fame!” Spigolando, fra i versi di “Carta d’identità”. (foto LRC, Land Research Center)

    Non solo Cina…

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    Un appuntamento, per domani. Dalle ore 16, davanti all’ambasciata americana a Roma, (in via Vittorio Veneto, lato via Bissolati) per protestare contro il decreto Romani, l’ammazza-internet, con il quale vuole mettere il bavaglio alla video informazione web. Parleranno la forza del silenzio e il potere delle immagini. Si starà in fila davanti all’ambasciata, con i tamburri Dunum ai lati. A un segnale convenuto, verranno levate le scarpe e si starà a piedi nudi, poi ci si benderà cn una fascia nera (il Decreto Romani ci vuole impedire di vedere cose diverse da quelle propinate dai network tv tradizionali) e si canterà “Mr. President, help the Internet in Italy!” Per rivolgersi simbolicamente a Barack Obama, certamente il presidente più favorevole alla libertà di informazione in Internet, e per chiedere di prendere una posizione contro il governo italiano, che è fra  quelli che legiferano a favore della censura in Rete. Insomma, non solo Cina…

    … cercando negli occhi di Sirena…

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    Cercando risposte, comunque frugando nello sguardo di Sirena. Aprendo a caso una pagina di un libro, Ma nulla succede mai per caso. Dunque: “…Dimodoché ogni parte di lui rimane affidata agli umori e le grazie di un’altra persona ( che di solito è un’estraneo), la quale raramente fa caso dell’importanza della vita ad essa affidata, per lo più ne ha fastidio, e appena può sbarazzarsene lo fa volentieri, non importa se intanto le si riempiano le mani di sangue, e malamente staccati quel volto e quelle membra pendano a brani. Non per questo odio o comunque violenti pensieri occupano la mente dell’oppresso. Sarebbe più facile a un bambino divorare la propria madre, o alla terra confondere il cielo ed alle nubi sostenere alberi e animali, che all’amico muovere rimprovero all’amico. (…) Colui o colei che amiamo non è tanto un essere col quale desideriamo trascorrere qualche ora di piacere; è molto di più. (…) Noi abbiamo bisogno del suo calore, delle sue dolci parole, delle sue cantilene, dei suoi sguardi profondi e pacidi; ed egli ce li dà non quando occorrono, ma quando a lui piace e non reca fastidio. (…)”. Terribili risposte di verità. Di Anna Maria Ortese. Da “L’infanta sepolta”.  Da rileggere. A proposito di domande, e corpi fatti a pezzi. (ed. Adelphi)