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    Berlino, riprendendo il filo – 5

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    E cosa succedeva il giorno di san Valentino, venti anni fa… dopo il Muro…

    Berlin 14. 2.90… Davanti alla televisione, in un caffe’ sull’Alexander Platz. Questi berlinesi dell’est stanno guardando Modrow e Kohl, in diretta da Bonn. Silenzio, e qualche commento, piano. Due operai che hanno finito il turno nei cantieri, dicono che il cancelliere sembra meno soddisfatto di due giorni fa. E che Modrow e’ piu’ teso del solito. Soprattutto adesso, che il governo federale gli ha negato quelle sovvenzioni che erano state richieste dalla Tavola Rotonda. Alla notizia della commissione congiunta per l’unita’ economica, nessuno fa commenti. Finita la conferenza stampa di Bonn, Modrow torna sullo schermo in un’intervista alla trasmissione giovanile della televisione di stato. Un programma che prima del 9 novembre  non esisteva. Subito dopo, interviene un rappresentante di Demokrazie Jezt, uno dei piu’ forti  gruppi del dissenso. Tutti sembrano cercare la calma, in questa Germania che corre troppo in fretta.

    Berlino, riprendendo il filo – 4

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    Berlino, venti anni fa, solo ieri.

    Berlin 11.2.90. Adesso le due Berlino aspettano. Aspettano che il cancelliere Kohl torni a Bonn e spieghi. Ieri le due città hanno passato un giorno davanti alla televisione. Davanti alle immagini di Kohl e di Gorbaciov al Cremlino. Perché a Mosca si sta trattando il futuro della Germania. Per il momento, non ci sono prese di posizione dei partiti. Ma intanto la Berliner Bank non accetta più di cambiare i marchi tedesco orientali. Le notizie sulla bancarotta della DDR hanno provocato un enorme movimento di denaro, che ha costretto gli sportelli a chiudere. La SPD dell’Est – i socialdemocratici – accusano il governo di Bonn di gestire la politica tedesco orientale, come se la Germania Est fosse una cosa propria. A Berlino Est, in piazza,  per la prima volta si e’ manifestato contro Gorbaciov. Riunificare sì, svendere no.

    Pensiero di febbraio

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    Pensando a un piccolo consiglio, donato da una signora che vienne dalla Romania. Che spiega che prima di farsi mettere le mani in testa da un parrucchiere, bisogna chiedegli se ama gli animali e le piante. Se la risposta è no, è meglio andare via, perché potrebbero cascarci tutti i capelli. Ma se è sì, bèh affidiamoci a lui con fiducia.  Perché ogni volta che innaffierà una pianta o accarezzerà un animale, i nostri capelli cresceranno, belli e forti. Piccole magie, a cui è così piacevole pensare di potersi affidare, di tanto in tanto…

    Addio 0.8

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    Ricevo e volentieri pubblico questo articolo di una studentessa di Urbino, Rosa Mancini. Con interessanti rilievi, su questioni di norme, informazione, e punti di vista, a proposito di “guida in stato di ebrezza”. Dunque: Sospensione della patente, anche con una birra a doppio malto.

    “La guida in stato di ebbrezza alcolica, è un tema che quotidianamente entra a fare parte nelle nostre televisioni e nei giornali. Con il nuovo decreto legge, dal 27 maggio 2008, le pene per chi commette un simile reato, sono molto più severe, anche per chi ha bevuto una birra doppio malto.  Le sanzioni, infatti,  scattano a partire da un tasso alcol emico di 0.5 a differenza  dello 0.8 della legge precedente. Superare lo 0.5 è molto facile, studi dimostrano come l’”essere ubriachi è una questione soggettiva”. In questi anni, politica e media, hanno cercato di combattere questo reato, diffuso soprattutto nei giovani.  Le conseguenze sono molte: sequestro della patente, sanzioni altissime, 10 punti in meno sulla patente e controlli medici.  Ma non sono tutti i giovani a mettersi  al volante,  dopo avere bevuto.

    Angelica e Carmen

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    Sempre a proposito di memoria…

    La settimana scorsa a Roma, nella Casa della Pace,
    testimoni del nostro tempo si sono incontrati per raccontare, dalle pagine della cronaca, fatti che sono stati censurati, distorti, o dimenticati… cosa che non è raro che accada. Sottotitolo dell’incontro, Donami le ali… Come dire ascolta, ma non fermarti qui, dà le ali ai racconti che hai
    ascoltato questa notte. Racconta a tua volta. Iniziativa davvero apprezzabile se se ne esce, come ne sono uscita, sapendo qualcosa in più, o ripescando nella memoria cose magari già ascoltate, ma forse distrattamente e forse a poco a poco rimosse. Come la storia di Angelica, raccontata da Miguel Mora, corrispondente dall’Italia per El Pais. Angelica, dunque, chi la ricorda più…  Angelica, la giovane rom accusata del tentato rapimento di una bambina.  E l’allarme che ne è nato (quanti allarmi negli ultimi tempi agitano i nostri giorni…), e la reazione di inaudita violenza, i pogrom di Ponticelli, e quelle terribili immagini che hanno fatto il giro del mondo. Si è parlato, allora, di guerra fra poveri ma, ricorda Miguel Mora, a Napoli tutti sanno che è stato un fatto di camorra.

    Berlino, riprendendo il filo – 3

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    Un flash, vent’anni fa.

    Berlin 7.2.90… Non c’e’ piu’ tempo. La DDR affoga. La Repubblica Federale vuole intervenire subito, prima ancora delle elezioni, le prime libere dopo quarant’anni di monopolio comunista. Il cancelliere Kohl parla al gruppo Cristiano Democratico. E’ pronto ad aprire una trattativa monetaria con il nuovo governo di unità nazionale di Berlino Est. La prima mossa potrebbe essere il 13 febbraio ,quando il primo ministro Modrow andrà a Bonn. Ma la Bundensbank, la banca federale, un colosso dell’economia tedesca, non e’ d’accordo. Il governatore Phoel dice che l’unione monetaria e’ prematura. Ma questa mattina, il consiglio dei ministri di Bonn, renderà ufficiale la proposta di Kohl. Lo scontro e’ cominciato, mentre per tutte  e due le Germanie e’ già campagna elettorale. (Appunti, cortesia di Daniela Morandini)

    Contro la guerra, una preghiera nera

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    Un invito.  Stabat mater furiosa, di  Jean-Pier Simeon, interpretato da Marinella Manicardi. L’appuntamento è al Teatro Testoni di Casalecchio di Reno, (Bologna), l’11 febbraio, alle 21. 

    Che Marinella Manicardi presenta così:  un’orazione laica contro i signori della guerra, quella che Jean-Pier Simeon affida a una donna, madre, figlia, sorella, amante.  Si chiama Kim, Ingrid, Tania, Juliette o Amina, non ha importanza. Vive in un paese di sabbia calda, in Libano, o tra le rocce fredde del Nord, non ha importanza, ovunque c’è una guerra, ovunque i signori della guerra parlano con armi e violenza, come fossero le uniche parole che l’umanità possiede. Una preghiera nera, una magia nera, una formula magica che liberi il mondo dalla presenza dei signori della guerra: questo promette la Mater Furiosa, che non vuole sottomettersi al linguaggio dell’odio. Testo poetico prima che teatrale, ma testo pensato perché prenda corpo in teatro. Come molti autori francesi contemporanei Simeon porta in scena la guerra, le sue regole asettiche e le conseguenze devastanti, perché non basta finire la guerra, d’occupazione o di difesa, intelligente o sporca che sia, perché il demone che l’ha guidata si disciolga. Occorre ripensare il rapporto con i figli, con la malattia, con la debolezza per  sfuggire alla cecità di un gesto che uccide. E Simeon conclude la sua preghiera con un sogno, utopico certo, ma di sogni forse e di poesia, anche,  abbiamo bisogno.

    Berlino, riprendendo il filo – 2

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    Berlino, continua il notiziario. esattamente venti anni fa, come oggi…  Berlin 3.2.90  …. Qui corre tutto ancora più in fretta, adesso che Modrow – il primo ministro della DDR- ha proposto la riunificazione. Una   Germania sola e neutrale. Ora, dopo che i tedeschi  si sono spaccati proprio sull’unità, il ministro degli esteri sovietico Shevarnaze propone un referendum  internazionale. E un’idea simile viene anche a Gherlach, il presidente, liberale, della DDR. Dentro alla SED, il partito comunista, la confusione aumenta. Il Newes Deutchland, il giornale comunista, continua a tenere le distanze da Modrow, il primo ministro. Scrive che la proposta e’ sua, e non del partito. Berghofer (il riformista che da poco ha restituito la tessera) dice che la fusione non si può evitare. Ghisy, il giovane segretario, corre a Mosca da Gorby a chiedere istruzioni. Il cancelliere Kohl, incontra  Modrow in Svizzera. Gensher, il ministro degli esteri federale, sta andando a Washington. Willy Brandt, il leader della Ostpolitik, la distensione verso l’Est, chiede l’unione economica, subito. E a Berlino Ovest, il primo borgomastro Momper, che e’ un vecchio pragmatico, propone la sua città come modello per la Germania. Perché, nei fatti, le due Berlino sono già unite. (Daniela Morandini, per il GR2)

    Berlino, riprendendo il filo

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    Riprendendo il filo del racconto di Berlino. IL 2 febbraio del 1990, accade che…

    “-Per una Germania unica- e’ lo slogan delle piazze di Lipsia, di Dresda, di Berlino Est.  Di gran  parte del dissenso della Germania Orientale. Ma, questa volta, a dirlo e’ anche Hans Modrow, il primo ministro della DDR.  All’improvviso a Mosca, Gorbaciov gli ha detto che adesso si può. Le due Germanie possono tornare ad essere una sola. E cosi’ Modrow, tornando a casa, rilancia: prima l’unita’ contrattuale, economica e monetaria,poi  la confederazione -con organi parlamentari comuni-; e  uno stato tedesco unico in forma federale. Quindi, un solo parlamento, un solo governo, una sola costituzione,  una sola capitale: Berlino.
    Fin qui potrebbe assomigliare al piano dei dieci punti, presentato da Kohl, il 28 novembre, ma c’e’ una differenza sostanziale: la neutralità. Modrow  sostiene che la Germania unita dovà’ essere un paese militarmente neutrale. E questo non piace al governo di Bonn: e’ una condizione che ha sempre respinto. Il cancelliere Kohl ha già molti dubbi. Ma – ha detto –  preferisce parlarne dopo il 18 marzo, dopo le prime elezioni libere.

    Memoria, memorie…

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    Andando al presidio in via Tasso, domenica, giorno in cui sono state cancellate le scritte apparse il 27 scorso sul muro del Museo della Liberazione. “Olocausto propaganda sionista” e “27-01. Ho perso la memoria”. Scritte nere, che si è avuto cura di fare comparire proprio nel giorno della memoria. Apparse come l’appunto di uno sberleffo. Per essere sicuri di non perderla, noi, questa memoria, bisogna provare a salire quelle scale, entrare negli appartamenti dell’edificio, a un passo dalla basilica di San Giovanni, che nei mesi dell’occupazione nazista di Roma ( dall’11 settembre del 1943 al 4 giugno  1944) venne utilizzato come carcere del Comando della Polizia di Sicurezza. Perché, credo, c’è un potere dei luoghi che è più forte di quante parole si riesca a mettere insieme. Negli appartamenti di via Tasso, trasformati in luoghi di detenzione e tortura, il dolore e lo strazio di quei giorni è ancora tutto lì, e ti salta addosso. Impossibile non sentirne le voci. Non c’è neanche bisogno di chiudere gli occhi. Basta lasciare che lo sguardo scivoli intorno. Sulle finestre murate, a chiudere al mondo. Sui pochi ritagli di stoffa, di quel che resta di abiti macchiati di sangue. Sulle scritte graffiate dell’intonaco di una cella. E tutto è ancora più atroce, se i disegni fiorati sulle pareti, la cappa di una cucina, un lavello di marmo grigio, di quelli che c’erano un tempo, ricordano il tempo “normale” della vita che pure lì era stata. Quasi a ricordarci ancora una volta la banalità del male. Che arriva a insediarsi nei luoghi della vita che pensiamo tranquilla. Accomodato in un salotto, seduto al tavolo della cucina di casa. Ed è la cosa che forse fa più orrore.