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    Perché questa piazza non basta..

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    Condividendo parola per parola, pubblico il comunicato dell’unione Democratica Arabo Palestinese…

    SULLA MOBILITAZIONE PER GAZA DEL CENTROSINISTRA

    “Il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra hanno convocato una mobilitazione nazionale per Gaza il 7 giugno. Dopo oltre 20 mesi di genocidio, decine di migliaia di morti e una popolazione affamata dal blocco israeliano, questa iniziativa, oltre che tardiva, è segnata da forti contraddizioni. Chi oggi promuove la piazza ha sostenuto, in modo diretto o indiretto, le politiche di riarmo, l’invio di armi in Ucraina e la complicità europea con Israele. Senza una rottura netta da queste scelte, simili iniziative rischiano di ridursi a mere operazioni di facciata.
    Queste forze politiche sono oggi costrette a prendere posizione grazie alla pressione dell’opinione pubblica, al sentimento popolare sempre più ostile al genocidio, ma soprattutto grazie a 20 mesi di mobilitazione coerente e determinata portata avanti dal movimento di solidarietà con la Palestina, da organizzazioni di classe, sindacati di base e associazioni palestinesi in Italia. È questo lavoro costante che ha costruito lo spazio politico e mediatico in cui oggi si trovano a dover intervenire.


    COMPLICITA’ DEI GOVERNI PASSATI
    Quando Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra erano al governo, non hanno mai adottato misure concrete per interrompere la cooperazione militare con Israele. Durante i governi Conte II (PD-M5S-LeU) e Draghi, le esportazioni di armamenti verso Israele sono proseguite senza interruzione, nonostante la legge 185/90 ne vieti la vendita a Paesi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani.
    L’Italia ha continuato a fornire tecnologie dual-use, componenti per radar e munizioni a Tel Aviv, senza mai sospendere i rapporti né assumere posizioni diplomatiche rilevanti: nessun richiamo dell’ambasciatore israeliano, nessuna rottura delle relazioni, nessuna condanna ufficiale dei bombardamenti contro ospedali o scuole gestite dall’UNRWA. Proprio sotto i governi Conte si è registrato un notevole aumento di esportazioni di armi verso Israele, ad oggi l’Italia si attesta come terzo fornitore al mondo dopo USA e Germania.
    INDUSTRIA BELLICA E RESPONSABILITA’ DIRETTE
    Il Partito Democratico mantiene legami strutturali con il complesso militare-industriale italiano, in particolare con Leonardo S.p.A., tra i primi dieci produttori di armi al mondo. Leonardo, controllata per circa il 30% dal Ministero dell’Economia, fornisce tecnologie militari avanzate a Israele – sistemi radar, difesa elettronica, sorveglianza e droni – impiegate direttamente nel genocidio in corso. Durante i suoi governi, il PD ha sistematicamente aumentato la spesa militare e mantenuto un ruolo diretto nella gestione politica della società.
    Anche il M5S non è esente da responsabilità: han sostenuto l’invio di armi all’Ucraina, l’adesione alla strategia militare europea (PESCO), il Fondo Europeo per la Difesa e la prosecuzione degli accordi militari bilaterali. La legge 119/2022, approvata anche con i voti del M5S, ha prorogato l’invio di armi senza controllo parlamentare fino al 2023.

    PERCHE’ QUESTA PIAZZA NON BASTA
    Una mobilitazione per la Palestina può avere senso solo se si accompagna a una rottura politica netta con ogni forma di complicità italiana con il progetto sionista: occorre denunciare senza ambiguità il colonialismo israeliano, riconoscere la legittimità della resistenza palestinese e interrompere concretamente ogni forma di collaborazione economica, diplomatica e militare con Israele. Senza una simile chiarezza, ogni piazza rischia di ridursi a un gesto vuoto, utile solo a ripulire le coscienze di chi ha contribuito allo sterminio in corso.
    PER UNA SOLIDARIETA’ REALE CON IL POPOLO PALESTINESE
    Ci si augura che la mobilitazione del 7 giugno possa almeno contribuire ad aumentare la pressione sul governo Meloni contro la complicità con Israele e si impegni concretamente per il cessate il fuoco. Ma una solidarietà reale e concreta con il popolo palestinese non può prescindere da una chiara rottura con le politiche guerrafondaie dell’Italia, costruendo – lontano dalla finzione del centrosinistra – la più ampia mobilitazione popolare contro la guerra, contro l’economia di guerra e contro l’imperialismo, che riesca a coinvolgere gli strati popolari che pagano queste scelte con i tagli all’istruzione, alla sanità e al welfare”.

    Unione Democratica Arabo-Palestinese (UDAP)

    9 maggio….

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    #ultimogiornodigaza #gazalastday

    Ad ogni verso la tua voce

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    Volentieri segnalo questa iniziativa di Gaetano Marino, infaticabile affabulatore, e maestro di storie… e date un’occhiata a paroledistorie.net (facendo attenzione a non perdervi negli intricati sentieri che le abitano..😊😊)

    AD OGNI VERSO LA TUA VOCE
    Laboratorio di interpretazione, lettura espressiva e messa in voce
    Parole di Storie organizza il primo laboratorio gratuito on line e in presenza condotto dall’attore Gaetano Antonino Marino.
    Scoprire la propria voce senza dover impostare una dizione accademica, con la quale spesso si rischia di annoiare chi ascolta.
    La tua voce è la tua voce, i suoni e i respiri sono l’anima della fonè, ciò che rende ciascuno di noi riconoscibile e inimitabile.
    Durante il laboratorio si svilupperà il lavoro dell’interprete sul personaggio e su se stesso, insieme alla pratica di interpretazione e lettura ad alta voce. Si affronteranno novelle, fiabe/favole e racconti. Si potrà lavorare anche su testi proposti dai partecipanti.
    Il laboratorio si terrà ogni sabato (dalle ore 17,30 alle ore 18,30) sulla piattaforma meet.google.com ed è aperto a chiunque. Per partecipare si richiede l’iscrizione tramite l’indirizzo email info@paroledistorie.net. Ai partecipanti verranno inviati i testi in pdf su cui lavorare e il codice meet-google necessario per il collegamento.
    * Non è richiesta quota d’iscrizione
    * Rivolto anche agli stranieri
    * Una produzione paroledistorie.net

    #corsogratuito #letturaadaltavoce #scrittura #messainvoce #interpretazione #teatro #paroledistorie #gaetanomarinoteatro #stranieri

    Il Bene.. il Male…

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    Ancora su di un autobus…
    Lui è alto e grosso, molto grosso… e un viso che ricorda, giuro, Shrek. Sì, il fantastico orco dal cuore tenero, cui tutto riesce fuorché far paura… E’ alla mia destra. Ci separa solo lo stretto corridoio fra le due file di sedili.
    Il bus fa una brusca frenata. Tutti sobbalziamo. Lui più degli altri…
    Inizia a guardarsi intorno agitato, e con voce che sembra persino più grossa di lui, chiede compulsivo: “.. che ci ho gli occhi a palla!? Ho gli occhi a palla!? Ditemi, ho gli occhi a pallaaa?
    E fissa negli occhi le persone intorno, e fissa anche me ripetendo come a chiedere di essere rincuorato: “Che ho gli occhi a palla? Come succede prima di un ictus?!!! Perché mi sono spaventato… ho gli occhi a palla? Quando mi spoavento mi si alza la pressione… Ditemi, ditemi… ho gli occhi a palla?
    No, non ha gli occhi a palla, gli dico subito. Solo un po’ lucidi…
    “ah, perché ho messo il collirio. Ma se mi agito… ho gli occhi a palla?”
    No, no…
    Si tranquillizza.
    Sale una ragazza. Bellina, non c’è che dire.
    E lui inizia a farle complimenti, con la sua vociona alta alta. Si alza in piedi e le canta anche una canzone d’amore composta lì per lì…
    Lei è una ragazza intelligente. Sta al gioco e gli sorride garbata. Gli altri… qualcuno lo guarda timoroso, qualcun altro ridacchia, qualcuno fa finta di niente…
    Lui continua a intonare canzoni. Da motivi d’amore passa alle tradizioni popolari. E fra un canto e l’altro, si risiede e pronuncia frasi che non saprei… Sempre con quella sua voce cavernosa e potente che a me che sono così vicina batte in testa. E un po’ batte anche il cuore
    Solo una persona se ne lamenta, ha la pelle ambrata ed è alle prese con telefonate, questioni di lavoro, mi sembra … “Così disturba tutti…!” inizia ad alzare la voce.
    Calma, per carità, potrebbe agitarsi ancora di più… il passeggero stizzito capisce e si acquieta.
    IL nostro Shrek continua a lanciare messaggi d’apprezzamento alla bella ragazza e a tratti canta con voce da rintronare la testa. E ancora si alza in piedi come per dare slancio e forza al suo messaggio… Qualcuno intorno inizia a ridere troppo… Il suo equilibrio sembra precario. Così grosso, dondola a tratti. E se mannaggia un’altra frenata, questo mi cade addosso…
    Ma di dove siete? Gli chiedo, così per provare a distrarlo un po’… avete cantato un pezzo siciliano e un altro in napoletano… di dove siete?
    La domanda fa il miracolo. Si risiede e voltandosi verso di me racconta di un padre di origine campano, una madre di origine siciliana. O viceversa, non ricordo…
    Poi tira fuori da una tasca un santino. Sant’Antonio, e me lo offre.
    Grazie, tenetelo voi… vi protegge. Io ho già il mio santo. Lui insiste, un po’ mortificato. “Mio padre e mia madre mi dicono sempre che nessuno ti dà nulla per nulla. E io volevo in cambuio soldi per un caffè…”
    Mi viene da sorridere e gli offro quel che serve per un caffè…
    Rassicurato da quel gesto gratuito, riprende a parlare… sempre col suo vocione che proprio non gli riusciva di regolare, e sotto lo sguardo esterrefatto di qualcuno, sorridente di qualcun altro, inizia la nostra conversazione… più che altro la sua, essendomi io attenuta a brevissimi cenni…
    E mannaggia che non avevo un registratore… e neanche foglio e penna per prendere appunti… per riportarvi il filo di un ragionare serio e profondo sulle cose del mondo. E della vita, passando per il mistero di Cristo.
    E già… il nostro Shrek conosce bene i vangeli…
    Avevo fame e mi avere sfamato, avevo freddo e mi avete vestito, mi hanno carcerato e mi siete venuti a trovare…
    “Ma ditemi, ditemi… se era onnipotente perché è stato incarcerato? … perché?!!!” ha chiesto con sincera contrizione…

    Beh, mi sono permessa, quello onnipotente sarebbe il Padre. Che se ne è fregato… (ops! Ma mi è proprio sfuggita così)…
    Eh, il Padre lo ha abbandonato. Sì, sì.. lui pure lo ha detto… perché mi hai abbandonato…
    E poi ha aggiunto qualcosa a proposito del bene e del male, arrivando a pronunciare i nomi di Falcone e Borsellino… “.. e perché il Bene è ucciso dal Male? Allora c’è il Bene e c’è pure il Male…”
    E’ che bisogna riconoscerli, e che bisogna capire che ce li abbiamo dentro tutti e due… il Bene e il Male…
    “E sta dappertutto il Bene e il Male?”
    Dappertutto, dappertutto…
    Il Bene… il Male.. io scendo qui… buona Pasqua…”

    Lettera aperta del Coordinamento dei giornali e delle altre realtà dell’informazione e della comunicazione sulle pene e sul carcere

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    Lettera aperta del Coordinamento dei giornali e delle altre realtà dell’informazione e della comunicazione sulle pene e sul carcere

    Ristretti Orizzonti, 10 aprile 2025

    Al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Lina Di Domenico

    Al Direttore della Direzione Generale Detenuti e Trattamento, Ernesto Napolillo

    Al Direttore Generale del personale, Massimo Parisi

    All’amministrazione penitenziaria chiediamo rispetto della libertà di espressione, autorizzazione all’uso di tecnologie, tempi rapidi nelle risposte, adeguata considerazione dell’attività svolta dai volontari operatori della comunicazione.

    L’articolo 18 dell’Ordinamento penitenziario, dando concreta applicazione all’art. 21 della Costituzione, così recita al comma 8: “Ogni detenuto ha diritto a una libera informazione e di esprimere le proprie opinioni, anche usando gli strumenti di comunicazione disponibili e previsti dal regolamento”. Ma le cose non sono così semplici, e questo diritto delle persone detenute a esprimere le proprie opinioni è tutt’altro che rispettato.

    In questi anni di vita dei giornali e delle altre realtà dell’informazione e della comunicazione dalle carceri, noi che in numerose realtà lavoriamo da tempo, ci siamo presi l’impegno di raccontarle con onestà, e non abbiamo mai taciuto le difficoltà, le criticità, i percorsi finiti male, le ricadute, le sconfitte. Abbiamo cercato con senso di responsabilità e professionalità di fornire una informazione attenta, precisa, documentata sulla realtà carceraria, proprio perché la sfida è rispondere con precisione e sincerità a una informazione spesso imprecisa e menzognera che arriva dal mondo “libero”. Ma ci scontriamo ogni giorno con ostacoli e barriere che in vario modo condizionano pesantemente il nostro lavoro.

    Chiediamo al DAP e al Ministero della Giustizia chiarimenti sui seguenti punti:

    Se l’Ordinamento penitenziario riconosce alla persona detenuta il diritto a esprimere le proprie opinioni, è ammissibile che sulle pagine dei giornali di alcune carceri quella persona non possa firmare, se lo desidera, i suoi articoli con nome e cognome visto che il suo diritto alla privacy è già assicurato dalla direzione del giornale?
    Se la persona detenuta ha diritto a esprimere le proprie opinioni, e i giornali realizzati in carcere hanno un direttore responsabile che ne risponde anche penalmente, come si spiega che in alcuni istituti sia d’obbligo una “pre-lettura” degli articoli da parte delle direzioni dell’istituto e delle eventuali “Istanze superiori”?
    Se i volontari e gli operatori che, insieme a tanti redattori detenuti, si occupano di informazione e comunicazione dal carcere sono persone autorizzate in base all’art. 17 O.P. che consente l’ingresso in carcere a tutti coloro che “avendo concreto interesse per l’opera di risocializzazione dei detenuti dimostrino di poter utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la società libera”, è possibile che queste stesse persone non siano considerate affidabili e responsabili di tutto il materiale informativo che i giornali e le altre realtà dell’informazione producono nelle carceri?
    Com’è possibile effettuare il lavoro redazionale senza poter usare, almeno in presenza e sotto la responsabilità di operatori volontari, elementari strumenti tecnologici come registratore, macchina fotografica, connessione Internet? Si ricorda che la circolare del DAP del 2 novembre 2015 prevede espressamente la “possibilità di accesso ad Internet da parte dei detenuti”, e riconosce che “l’utilizzo degli strumenti informatici da parte dei detenuti ristretti negli Istituti penitenziari, appare oggi un indispensabile elemento di crescita personale ed un efficace strumento di sviluppo di percorsi trattamentali complessi. (…) L’esclusione dalla conoscenza e dall’utilizzo delle tecnologie informatiche potrebbe costituire un ulteriore elemento di marginalizzazione per i ristretti”. Queste parole così chiare e inequivocabili possono finalmente tradursi in concrete autorizzazioni ai nostri giornali e gruppi di lavoro a usare questi indispensabili strumenti tecnologici per dare valore e qualità alle nostre attività?
    L’attività di redazione ha comunque necessità di tempi di risposta adeguati da parte dell’amministrazione penitenziaria. Articoli che parlano del caldo asfissiante nelle celle e vengono autorizzati alla pubblicazione a Natale, richieste di permessi di ingresso di ospiti significativi che arrivano a volte con lentezza esasperante, attese snervanti per introdurre materiali indispensabili per il nostro lavoro, sono tutte situazioni che oggettivamente finiscono per vanificare il lavoro delle nostre redazioni. Se l’attività giornalistica nei penitenziari è ritenuta una risorsa importante per il dialogo tra realtà detentiva e società esterna, perché le Istituzioni non semplificano le procedure e accorciano i tempi di tante estenuanti attese?
    Giornali, podcast, trasmissioni radio-TV, laboratori di scrittura sono una ricchezza culturale che va salvaguardata e facilitata: per questo chiediamo che il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria ci riceva e affronti con noi i temi che abbiamo sottoposto alla sua attenzione.

    SOTTOSCRIVONO:

    Ristretti Orizzonti, periodico dalla Casa di reclusione di Padova, direttrice Ornella Favero, giornalista

    Ristretti Parma, periodico dalla Casa di reclusione di Parma, responsabile Carla Chappini, giornalista

    Cronisti in Opera, periodico della Casa di Reclusione di Milano-Opera, direttore Stefano Natoli, giornalista professionista

    Voci di dentro, direttore Francesco Lo Piccolo, giornalista professionista

    Non tutti sanno, periodico della Casa circondariale di Roma Rebibbia, responsabile Roberto Monteforte, giornalista professionista

    Carte Bollate, periodico dalla Casa di reclusione di Milano Bollate, direttrice Susanna Ripamonti, giornalista professionista

    Web radio http://www.caffeitaliaradio.com, responsabili Davide Pelanda e Dario Albertini,

    Liberi dentro Eduradio&TV, responsabile Antonella Cortese, giornalista

    Salute inGrata 2 CR Milano Bollate, responsabile Nicola Garofalo

    Sito www.laltrariva.net, responsabile Francesca de Carolis, giornalista

    Non solo Dentro, inserto dal carcere di Trento di Vita Trentina a cura di APAS, direttore Diego Andreatta, giornalista professionista

    Mondo a quadretti, periodico dalla Casa di reclusione di Fossombrone (PU), responsabile Giorgio Magnanelli

    Ristretti Marassi, responsabile Grazia Paletta coordinatrice con Arci Genova

    Altre Storie, Inserto dalla Casa circondariale Lodi, pubblicato all’interno del giornale Il Cittadino di Lodi, referente Andrea Ferrari.

    Astrolabio, periodico della Casa Circondariale di Ferrara, curatore Mauro Presini

    Ponti, periodico dalla Casa circondariale maschile “Santa Maria Maggiore” di Venezia, supervisore Maria Voltolina Presidente de Il Granello di Senape OdV

    Gazzetta dentro, periodico dalla Casa di reclusione di Quarto d’Asti, referente Domenico Massano

    NeValeLaPena, periodico dalla Casa Circondariale Rocco D’Amato di Bologna, referente Federica Lombardi

    Operanews, periodico dalla Casa di reclusione di Milano Opera, direttore responsabile Renzo Magosso, giornalista professionista

    Itaca, periodico dalla Casa circondariale di Verona Montorio, referente Anna Corsini, volontaria

    Ancora randagiando…

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    Ieri mattina. Il tempo di una fermata di bus… il tempo di incrociare la sagoma di una donna, capelli neri, maglia nera, calze nere, i fianchi larghi larghi vestiti di una gonna di tulle gialla come un enorme fiocco di mimosa, che non riesce a dare luce ai suoi occhi marcati di nero, tristi, dubbiosi e lontani…
    Il tempo di essere sorpresa da una musica che pulsa come cuore d’Africa, e sorprendere in fondo al bus un ragazzo nero nero che a quel ritmo sembra fremere. E immagino che quella musica disegni per lui le sue terre lontane, e lo porti fin là… ma un grido che è sconforto e, forse, preghiera trafigge aria: “Dov’è Dio? Dov’è Allah! Qui non c’è Dio. Qui non c’è Allah!”

    Previdenza in carcere. La Cassazione dice sì all’indennità per tutti…

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    Il diavolo, come si dice, si nasconde nei dettagli. Ed è un dettaglio di non poco conto, per chi è detenuto, il riconoscimento pieno del diritto al lavoro, con annessi e connessi, compresi dunque i diritti previdenziali.

    Ne riparliamo, in occasione di una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. Sez. Lav. n. 4651/2024) che ha riconosciuto il diritto dei detenuti a percepire l’indennità di disoccupazione anche nei periodi di pausa fra una turnazione e l’altra dei lavori svolti alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria.
    Dettaglio di non poco conto se, sapete come funziona, per la stragrande maggioranza si tratta di lavori di breve durata, prevalentemente “lavoro domestico”, pulizie, distribuzione dei pasti, piccoli interventi di manutenzione…, soggetti, dato il gran numero dei detenuti e la scarsissima offerta, a continua turnazione, con pause anche lunghe fra un impegno e l’altro e senza alcuna garanzia di riassunzione del lavoratore nella stessa mansione.

    Torniamo a parlarne perché non tutti conoscono i propri diritti…
    Certo, in generale non pochi hanno agito in giudizio per avere riconosciuta la Naspi ed altre prestazioni socio assistenziali, contro un INPS che troppo spesso nega il riconoscimento di questi diritti… Ma mentre il diritto alla Naspi era già pacificamente riconosciuto in capo ai detenuti che avevano svolto la loro attività lavorativa alle dipendenze di esterni (e sappiamo si tratta di un numero davvero esiguo di persone), questo era negato quando il lavoro veniva prestato alle dipendenze dell’Amministrazione carceraria, anche se il datore di lavoro (esterno o amministrazione penitenziaria che sia) provvedeva al versamento della relativa contribuzione.

    Già nel gennaio dello scorso anno, la Cassazione aveva stabilito che lo stato di disoccupazione derivante dall’interruzione del rapporto di lavoro intramurario per fine pena, con la conseguente scarcerazione, è involontario, quindi è rilevante ai fini del riconoscimento della Naspi, ma con la pronuncia di cui stiamo parlando siamo a un passo avanti. Il Giudice di legittimità, infatti, preso atto dei principi costituzionali e comunitari che regolano la materia, ha esteso la tutela Naspi anche alle interruzioni che dipendono da quella che impropriamente viene definita “turnazione”, ma che tale non è, stante che il numero di posti di lavoro disponibili è di gran lunga inferiore a quello delle persone detenute nelle carceri.

    Vale la pena di ripercorrere la questione, perché, nello sconquasso totale, di drammatica illegalità del sistema carcerario… anche questo è un tassello di quel grande puzzle dei diritti che compongono la dignità dell’uomo e del lavoratore, ancorché carcerato…
    Ne parliamo con l’aiuto dell’avvocato Enrico Miroglio Remondino, del foro di Genova, che per anni ha seguito in prima persona la vicenda davanti ai giudici di merito e a breve affronterà la medesima questione davanti a quello di legittimità.
    Avvocato, dopo anni di contrasto giurisprudenziale, la Cassazione si è finalmente pronunciata. Cosa comporta e quali risvolti avrà questa pronuncia?

    In estrema sintesi, la Cassazione ha correttamente equiparato l’interruzione del rapporto di lavoro per “turnazione ed avvicendamento” al mancato rinnovo di un contratto a termine. Ipotesi, questa che, al pari delle dimissioni per giusta causa, dà pacificamente diritto alla Naspi. Nella prospettazione dell’INPS, i periodi di disoccupazione tra un periodo di lavoro e l’altro non costituirebbero un’interruzione ma una mera sospensione del rapporto di lavoro. Inoltre, sembra assurdo, ma stante la sua natura semi-obbligatoria e la funzione rieducativa del lavoro in carcere, verrebbe a mancare il pre requisito dell’involontarietà dello stato di disoccupazione e da lì il mancato riconoscimento della prestazione. La Corte, censurando le osservazioni dell’INPS, ha ribadito che i detenuti non hanno alcuna prerogativa né in fase genetica del rapporto (su tipologia e condizioni contrattuali, su modalità e durata delle prestazioni) né in fase conclusiva (si tratta di una scadenza già prevista in contratto); è chiaro pertanto che la perdita dell’occupazione dipende esclusivamente da scelte ed esigenze datoriali che nulla hanno a che fare con la volontà del lavoratore detenuto.

    Pensa che a questo punto l’INPS farà marcia indietro?
    Purtroppo credo che, almeno per ora, continuerà ad applicare la propria Circolare. Del resto i detenuti a conoscenza dei propri diritti sono un’esigua minoranza, ed ancor meno saranno quelli in grado di farli valere in giudizio nonostante gli Enti di Patronato, ed in particolare il Patronato INCA-CGIL, offrano i loro servizi gratuitamente. Per cui, sperando di essere smentito, credo che all’Istituto convenga perdere qualche causa, piuttosto che riconoscere il diritto alla Naspi ad oltre 50.000 persone.

    Possibile si debba per forza ricorrere alle vie giudiziarie? E chi non può rivolgersi a un avvocato?
    “Ai sensi dell’Ordinamento Penitenziario (art.25 ter o.p.) l’Amministrazione sarebbe tenuta a fornire ai detenuti un servizio di assistenza all’espletamento delle pratiche per il conseguimento di prestazioni assistenziali e previdenziali e ad erogare servizi e misure di politica attiva del lavoro.
    Ciò che nella pratica spesso non avviene a causa della macchinosità delle procedure, dell’assenza di informazione e della scarsità di investimenti (nonostante i benefici fiscali previsti dalla legge Smuraglia).
    La gestione di queste pratiche è spesso affidata ad enti del terzo settore e singoli volontari che per ovvie ragioni non possono garantire la continuità del servizio”.

    Quindi, a prescindere dalla Cassazione, nulla è automatico, e non tutti conoscono i propri diritti… Come e dove ci si informa, l’accesso agli enti di patronato non è semplice…, i tempi sono lunghi per chiunque, immaginiamo per chi è in carcere…
    “Come ha correttamente osservato, tutto dovrebbe partire da una maggiore informazione della popolazione carceraria. Va detto in tal senso che gli educatori e i garanti dei detenuti sono molto impegnati su questo fronte, ma il loro lavoro spesso è reso difficile dal cronico sovraffollamento delle carceri, dalla scarsità delle risorse a loro disposizione e dalla mancata collaborazione (se non dal vero e proprio ostruzionismo) di altre Istituzioni.
    Pensi che l’attuale Giunta Comunale di Genova rifiuta di concedere la residenza ai detenuti senza permesso di soggiorno reclusi nel carcere di Marassi, impedendogli di accedere a qualsiasi tipo di prestazione”.

    Il settore carceri della Cgil, ne abbiamo parlato con l’intervento di Denise Amerini, lo scorso numero, è impegnato in questo senso. Voi avete una stretta collaborazione…
    “Il mio Studio collabora con il Patronato INCA-CGIL da oltre trent’anni ed insieme siamo in prima fila nella tutela dei diritti di tutti i lavoratori, ancorché detenuti. Con specifico riguardo al lavoro penitenziario va segnalato il particolare impegno del Direttore dell’INCA di Genova Marco Paini e del Direttore dell’INCA di Asti Mamadou Seck nella gestione di tutte le pratiche amministrative provenienti dal carcere.
    Questa esperienza, iniziata quasi per caso, mi ha spinto a pensare all’opportunità di costituire un’associazione a tutela dei diritti sociali dei detenuti che faccia attività di sportello all’interno degli Istituti di pena, assicurando, con continuità, informazione e consulenza a chiunque ne faccia richiesta”.

    Scritto per la rivista Voci di Dentro







    Il viaggio di Marco Cavallo per dire No ai Cpr

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    Un viaggio per la giustizia, la dignità e i diritti
    Marco Cavallo torna a viaggiare. Dopo aver attraversato gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari d’Italia per denunciare l’ingiustizia e l’inumanità di quei luoghi, oggi il suo cammino lo porta nei CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio).
    Strutture che, per molti versi, ricordano gli OPG, ma che forse sono ancor più crudeli dal punto di vista umano. Perché qui non ci sono persone che hanno commesso reati, ma uomini e donne il cui unico “errore” è stato cercare una via di fuga dalla fame, dalla guerra, da un destino segnato.

    CPR: le nuove prigioni dell’ingiustizia sociale
    Chi è rinchiuso nei CPR per legge è “un clandestino”. È un migrante, una persona che ha perso tutto e che ora perde anche la libertà e la dignità. I CPR sono l’emblema dell’ingiustizia sociale del nostro tempo: luoghi di detenzione senza colpe, di esclusione senza appello, di violenza istituzionale normalizzata.

    Un viaggio per accendere i riflettori sui diritti negati
    Tra settembre e ottobre di quest’anno, Marco Cavallo farà tappa a Milano, Roma e Gradisca. Ogni tappa sarà un’occasione per portare alla luce la realtà dei CPR, per raccontare storie dimenticate, per denunciare l’assenza di diritti e la disumanizzazione di chi vi è rinchiuso. Sarà un viaggio di denuncia, ma anche di speranza e partecipazione.


    La campagna “180 Bene Comune” e la difesa dei diritti di tutti
    Questo viaggio si intreccia con la campagna “180 Bene Comune”, promossa dal Forum Salute Mentale. La legge 180 non è solo una legge sulla salute mentale: è un presidio di civiltà, un principio di umanità che riguarda tutti. Parla di diritti, di riconoscimento dell’altro, della capacità di convivere con il diverso – dentro e fuori di noi. Oggi, mentre si tenta di smantellare questa legge, mentre i CPR diventano nuove istituzioni della segregazione e della violenza sociale, è più che mai necessario riaffermare un principio fondamentale: la dignità umana non ha confini.

    Arte, musica e partecipazione per cambiare la narrazione
    Ogni tappa del viaggio sarà preparata con il coinvolgimento dei gruppi locali e sarà accompagnata da performance artistiche, musica, incontri e dibattiti. Perché la cultura può rompere il silenzio, cambiare la narrazione e creare nuovi spazi di resistenza e solidarietà.

    Unisciti al viaggio: sostieni Marco Cavallo
    Per realizzare questo progetto abbiamo bisogno del tuo aiuto. Cerchiamo finanziamenti, adesioni, collaborazioni. Ogni contributo è fondamentale per dare voce a chi oggi è senza voce.

    Sostieni il viaggio di Marco Cavallo nei CPR. Perché nessun essere umano dovrebbe essere dimenticato.

    Per info:
    Carla Ferrari Aggradi, presidente Forum salute mentale
    tel: 348.0043379
    mail: carlaferrariaggradi@gmail.com, forumsalutementale@gmail.com

    A questo progetto hanno già aderito:
    Società italiana Medicina delle Migrazioni – Mediterranea Saving Humans – Camera Penale di Roma – Stefano Anastasia, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale per la Regione Lazio – LasciateCIEntrare Mai più CIE – Associazione Voci di dentro Odv- Radio32 – Rete Mai più lager – No ai CPR – Brigata Basaglia – Associazione Marco Cavallo FSM Brescia – Alleanza per la Salute Mentale -Teatro Dioniso – Valentina Calderone, Garante delle persone private della libertà per il comune di Roma – Redazione di Ristretti Orizzonti- Giovanni Cioni, regista


    Alla ricerca di dio- 3

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    L’ho incontrato, un dio pietoso, forse, in quella non più bambina ritornata bambina, che mi indica la pianta che in casa le sfiora il soffitto e mi spiega quanto lontano affonda quella pianta le radici… le affonda, mi racconta, nel piano della cantina, giù giù, tanti piani giù giù, che è piano di terra che il portiere ha curato e seminato e coltivato… ora i rami sono saliti fino a lei, in quella sua casa al decimo piano, dove da mesi e mesi vive, che uscire è ormai solo un sogno non sogno lontano… e sorride di gioia per il regalo di quella pianta che ha bucato il pavimento per lei… ed è qui, ad allargare orizzonti di vita, sbeffeggiandosi di chi glieli vorrebbe ristretti intorno…

    Informazione e libertà di pensiero. Appunti di un giornalista

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    Un pensiero bellissimo hanno avuto Francesca e Marta Paloscia: curare una raccolta degli appunti, articoli, brani di lezioni, dispense… di tanti anni di giornalismo del loro padre. Annibale Paloscia, giornalista dei tempi d’oro dell’Ansa, di quando nelle redazioni “l’ha detto l’Ansa” era una garanzia assoluta di chiarezza, correttezza, verità delle cose… e Paloscia ne è stato capo redattore della Cronaca per circa un decennio, dal 1979 al 1988, “complessa e tumultuosa stagione” della storia italiana.

    Immagino il tremore di Francesca e Marta nel mettere le mani fra le carte del suo studio, farsi strada fra libri di storia, filosofia, arte…, nell’aprire l’affollata cartella con su scritto “giornalismo”… e immagino tutto quello che ne è saltato fuori. Non deve essere stato semplice selezionare, ordinare…

    Ne è nato un prezioso lavoro: “Informazione e libertà di pensiero. Appunti di un giornalista”, che è lezione di giornalismo, ma anche fotografia di squarci di un’epoca, filosofia di un impegno… Dispense delle sue lezioni scritte fra gli anni Settanta e la fine degli Ottanta, ancora, leggerete, attualissime.
    Solo alcune impressioni, appena arrivata all’ultima pagina. Subito catturata dall’esordio, pagine di storia del giornalismo, che sono soprattutto il racconto del bisogno e del desiderio degli uomini di comunicare notizie. E rimane abbagliante la luce dei falò che di monte in monte, racconta Paloscia rimandando a Eschilo, annunziarono la caduta di Troia. Quella luce, anche quando non più fuoco, attraversa il tempo, e attraverso poi il telefono, la radiotelescrivente, il video terminale… porta notizie. “La notizia viaggia con la luce”.


    Tutta da leggere questa lezione di storia dell’informazione di Annibale Paloscia, che sempre sottolinea l’importanza della libertà di pensiero. L’importanza, ad esempio, dei fogli di opinione che furono, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento “anticorpi di libertà”, con uno sguardo particolare al tenace eroismo di Piero Gobetti, al suo “La rivoluzione liberale”, che né l’arresto, né le bastonature della ferocia fascista riuscirono a fermare. E, prendete appunto, “di giornali fabbricati con le idee e la forza della ragione, come ce ne ha dato esempio Gobetti, non cesserà mai il bisogno perché infonderanno sempre la certezza di poter contare sulle loro poche copie per stimolare in milioni di coscienze l’amore per la libertà, mentre i giornali che diffondono milioni di copie non sono custodi altrettanto sicuri della sovranità delle coscienze”.

    Appunti, per il mestiere di giornalista. E quasi commuove quell’animo “comunistaccio” e pulito di Annibale Paloscia che ovunque traspare in filigrana, come quando, parlando delle fonti delle notizie, non dimentica di sottolineare che “fonti” sono anche “i gruppi spontanei, i cittadini che hanno qualcosa da raccontare, i muri delle città tappezzate di manifesti e di scritti”. Cosa che mi ha fatto pensare a una delle scritte rilevate sui muri di Roma da uno studioso dei linguaggi, Nicola Guerra: “muri puliti, popoli muti”. Che è invito a esprimersi, testimoniare, parlare, partecipare comunque alla formazione delle informazioni…
    Come quando spiega che anche i carcerati non sono fonte da sottovalutare. E ricorda un giornale stampato a Regina Coeli, Lo scalino, che, denuncia, dopo poco dovette chiudere perché il Ministero di Grazia e Giustizia non voleva la diffusione di notizie realistiche sulla condizione di vita nelle carceri. Con un pensiero anche al direttore che lo aveva autorizzato, e che subì una forte censura.

    Tanto altro ci sarebbe da dire… ma lascio a chi vorrà leggere il libro. Solo un accenno a quello che è diventato, fra gli addetti, “il metodo Paloscia”, fatto di attenzione, rigore, rete di contatti, conoscenza, presenza sul territorio, prontezza, … Un metodo che gli permise di essere il primo, come nel libro si ricorda, a dare la notizia del ritrovamento del corpo di Aldo Moro, quel 9 maggio 1978. Che chi c’era mai dimenticherà.

    Un manuale e molto di più, per chi voglia fare giornalismo, e anche per chi lo fa… che spiega regole e pure mette in guardia, se ricorda che “non abbiamo mai la possibilità di conoscere le infinite facce del vero. In questo senso l’oggettività non è altro che la qualità di quanto scritto dal giornalista fedele all’impegno di essere un testimone veritiero”.
    Arricchito, questo libro, di documenti e foto storiche di giornali di cui Annibale era un appassionato collezionista.

    Una nota personale. Conoscevo Annibale… e non per vie professionali, questioni di parentela acquisita… per cui tante volte l’ho incontrato… e la prima parola che mi viene in mente pensando a quel tempo lontano, adesso che tutto il libro ho letto e tanto mi ha fatto venir voglia di approfondire…, è “umiltà”. Sì, l’umiltà delle persone che tanto sanno e tanto ancora cercano, e non hanno alcun bisogno di esporsi “tronfie”. Di Annibale ricordo la voce tranquilla, il rimando di sguardi, i consapevoli silenzi, la sommessa musica del suo ascolto attento…

    Annibale Paloscia, “Informazione e libertà di pensiero. Appunti di un giornalista” Fondazione sul giornalismo “Paolo Murialdi” (All Around srl)