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    Per sempre AIWA….

    diritti umani mamadouAll’appuntamento nella sede dell’ANPI di via della Farnesina a Roma, ieri, è stato fra l’altro presentato AIWA il MIllelire dei ragazzi incontrati nel centro richiedenti asilo de La Storta. ora non sono più lì, ma il loro lavoro va avanti… queste le parole di Daniela Morandini, che sempre seguo il loro cammino…

    “Questa volta il libro non è mio.
    Io sono entrata nel Centro di accoglienza di Casale san Nicola, poco lontano da qui, due anni fa, dopo gli scontri tra polizia e Casapound. Ho lasciato la penna da giornalista, la cattedra dell’universita’ ,e ho preso la matita della maestra. Come volontaria. Un’opportunità che mi ha dato la Cooperativa che ha gestito il Centro, fino alla chiusura. Ma questo libro piccolo piccolo è di Noradin Ahdi, Ibrahim Ballo,Mebrahtom Berhe, Karamo Camara, Abdolie Conteh Conteh, Ali Kamissoko, Yusuf Saho, e di tutti gli altri ragazzi che hanno aiutato a fare questo lavoro.
    Sono nati in Somalia, In Gambia, in Mali, in Eritrea. Dicono sempre “Aiwa”, che, nella loro lingua, vuol dire “Andiamo avanti!”. Dal luglio dell’ anno scorso, questi studenti sono venuti in classe , puntuali, tutti i giorni.
    Ma, proprio a Natale, ho trovato i loro messaggi: si scusavano di non poter venire a scuola , perché dovevano essere trasferiti in altri campi.
    La legge dell’ accoglienza non guarda in faccia nessuno.
    Sono stati divisi in centri molto lontani: Velletri, via Aurelia, via Staderini. Più tardi, altri sarebbero andati a Subiaco.
    E non è ancora finita.
    Eppure non si sono fermati. Hanno continuato a studiare, ad andare a scuola e a mandarmi compiti e disegni con il cellulare.
    (Se lo smartphone spesso è invadente e molesto, per i ragazzi africani e’ uno strumento indispensabile:non solo per dire a casa che, da qualche parte, sono vivi. Serve per trovare un amico, serve come dizionario, come piantina della città, come guida, come sussidiario, come orologio, come calendario per sapere che giorno è).
    Da questi disegni e’ nata una galleria on line.
    E a loro sono arrivati tanti abbracci da tante parti…da Eugenio Bennato… dal sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini… da Jacopo Fo con il suo “Cacao”… dall’Agenzia Onu per i Rifugiati con il suo giornale. Dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Guardia Costiera… Dal senatore Cervellini, che ci ha promesso di fare chiarezza sulla gestione dei pocket money nei centri di accoglienza ( sono quei tre euro e cinquanta al giorno che sono un diritto per chi vive li’. Tre euro e cinquanta che a volte si riducono ad una scheda telefonica, a dei buoni sconto,a un pacchetto di sigarette, o magari anche a niente….)
    Ai ragazzi dei disegni sono arrivati anche gli abbracci di tante persone che abitano a Casale san Nicola e che, fin dall’inizio,hanno detto “ Benvenuti!”
    Dalla famiglia di Gabriele, il ragazzo disabile che vive a La Storta e che in Ensa, un suo coetaneo del Gambia, finalmente ha trovato un amico.
    Dalla scrittrice Francesca de Carolis, che ascolta ogni loro passo.
    Da tanti cittadini che sanno ancora cosa voglia dire “ essere cittadini”.
    La galleria on line, dicevo.
    Perchè ogni giorno, mi sono arrivati molti disegni,con infinita pazienza, da tutti quei cellulari che quasi sempre perdevano la connessione.
    Ma è così che questi “ giovani pittori” hanno costruito la loro galleria in rete.
    Si, “giovani pittori”: non avevano forse la stessa età Haring o Basquiat?
    E “ pittori” perché Noradin, Ibrahim, Mebrahtom, Karamo, Abdolie, Ali, Yusuf sono persone, hanno la loro identità, la loro creatività, non sono numeri da sparare nei titoli dei giornali, o pacchi da trasferire da un centro di accoglienza ad un altro.
    Noradin, Ibrahim, Mebrahtom, Karamo, Abdoulie, Ali e Yusuf ricompongono i pezzi di una cultura antica che guarda avanti e che, soprattutto, è in mezzo a noi.
    “Piaccia o non piaccia,è così”: sono state tra le ultime parole di Umberto Eco.
    Un giorno c’è stato l’incontro, magico, con Marcello Baraghini, l’editore storico di Stampalternativa, dei libri a Mille Lire, i libri liberi, senza copyrght.
    Il prezzo lo fate voi.
    Alberto Gozzi ( Gruppo 63, quel gruppo così rigoroso e anticonformista che ha tanto segnato la cultura contemporanea ) ci ha scritto un’ introduzione bellissima .
    E’ cosi è nato l’ E book. Piu’ di 800 copie scaricate gratis on line, in pochi mesi.
    Poi, queste pagine di carta.
    E’ un librino autoprodotto. Tutti abbiamo lavorato gratis. E tutto il ricavato andrà a questi ragazzi per la scuola.
    Questo non e’ un libro d’arte, ma solo un inizio.
    L’avevamo promesso e lo stiamo facendo.
    Perché dobbiamo conoscerci, dobbiamo parlare.
    L’accoglienza non basta.
    ( anche se non dimentichiamo che a Roma un centro di prima accoglienza non esiste. E non scorderemo mai l’illegalità oscena del Centro di Capo Rizzuto).
    Questi ragazzi chiedono di vivere, di essere presenti in questo mondo, anche se si trovano nella lunga, estenuante, attesa dei documenti. Ancora una volta una sorta di terra di frontiera.
    Non basta dire “rifugiati”,”migranti”, “richiedenti asilo”.O, nel migliore dei casi, “ospiti”, che fa un po’ sorridere…
    Non sono una massa informe. Sono qui…
    Sono persone, con un nome, un cognome, una storia, dei sentimenti e troppo spesso, tante tragedie addosso.
    Lo sa bene il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, che ci scrive anche oggi.
    Non può essere qui con noi, a questa giornata antifascista Anpi, perché sta lavorando per le amministrative dell’11 giugno.
    Ci manda un saluto caro. Ma, soprattutto si rivolge a loro ad uno ad uno:
    “Gentilissimi Noradin Ahdi –scrive- Ibrahim Ballo, Mebrahtom Berhe, Karamo Camara, Abdoulie Conteh Conteh,Aliou Kamissoko, Yusuf Saho…”
    Perché queste persone, ad una ad una, chiedono di essere ascoltate.
    In questi mesi, da quando è uscito “”Aiwa la nostra Africa”,
    hanno ancora tanta strada. Hanno continuato a disegnare, a studiare e, alcuni di loro, tra pochi giorni si presenteranno all’esame di terza media.
    Siamo diventati una squadra, la squadra di “Aiwa la nostra Africa”.
    Mamadou Djallo, senegalese, ha fatto il liceo scientifico nel suo villaggio, Simandi Brassou. E’ ormai il nostro portavoce. E’ intervenuto anche alla radio, ( Radio Roma futura), al Telegiornale Regionale del Lazio.
    Moustapha Demba, anche lui del Senegal, di Casamance, (dove c’e’ una guerra dimenticata dall’Occidente) scrive poesie. Sono suoi i versi che chiudono il libro. Ma sta anche diventando un professionista del pallone: e’ arrivato in serie C, nella Roma Nord.
    Karamo Camara (suo è il disegno della tromba) faceva parte della banda del Gambia. Adesso suona la tromba nella banda Cecafumo. Non e’ facile per lui leggere la musica: aveva imparato a eseguire spartiti fatti di numeri , non di note.
    Pochi giorni fa era in concerto al Parco Archeologico di Centocelle.
    Noradin Ahdi ( suo é il disegno di quella moschea quasi espressionista) é nato a Mogadiscio: non aveva mai visto la pace. Ora canta nella Piccola Orchestra di Tor Pignattara, la formazione più giovane dell’Orchestra di Piazza Vittorio.
    Noradin si scusa per non essere qui, ma e’ alle prove per il concerto della Festa della Repubblica, il due giugno, nel Giardino Segreto di Palazzo Venezia!
    Mi piace allora ricordare le parole di una canzone che Noradin canta sempre “ Sveglia Somalia, smettiamo di farci la guerra l’uno contro l’altro. Sveglia!”.
    Vale per la Somalia, ma vale per tutti.
    Yusuf Saho (che ha disegnato la copertina) è nato in Gambia, un paese stremato, fino a pochi mesi fa, da una delle dittature piu’ feroci del mondo ( dati ONU). Faceva il contadino: ora, tutti i giorni, fa progressi al corso di informatica.
    Modi Konate,( molto attivo nell’organizzazione delle cose di questo libro) è nato in Mali. Ha imparato a leggere e a scrivere in Italia. Spesso aiuta i ragazzi di una cooperativa agricola vicina ai salesiani, la “Siamo coop”. Lui che e’ musulmano, come gli altri ragazzi, e che, come gli altri ragazzi, non ha nessun problema a confrontarsi con chi è di un’altra religione.
    Abbiamo partecipato al concorso di poesia Alda Merini, organizzato dallo scrittore senegalese Cheick Tidiane Gaye,che vive ad Arcore… si proprio ad Arcore…Non abbiamo vinto, ma e’ lo stesso….
    Odradeck , la libreria indipendente piu’ grande di Roma,in via dei Banchi Vecchi, ci ha messo nei suoi scaffali in primo piano. Presto andremo a parlare anche li’.
    In giugno, “ Aiwa la nostra Africa” sara’ alla Galleria Area Contesa di via Margutta, ad una manifestazione per il Togo.In settembre al Festival di Stampa Alternativa, a Pitigliano, dal nostro editore, Baraghini.
    Adesso, con voi e con l’ANPI.
    Insomma, aiwa: i ragazzi dei disegni, con le loro matite, con i loro colori, vanno avanti, con una determinazione antica.
    Raccontano le loro terre lontane. La sabbia del deserto. La fatica delle donne con i bambini aggrappati alla schiena. I fiori che si avvinghiano alle moschee. I suoni e le maschere dei padri. Gli animali innamorati. I cammelli rosa , quasi surreali, che attraversano la notte eritrea. E di rosa, in Eritrea,c’è rimasto ben poco….
    Sperano in un mondo nuovo: questo qui.
    Ma ricordate quei messaggi che avevo ricevuto dopo Natale?
    I ragazzi che si scusavano che per non potere venire a scuola, perché ,all’improvviso, dovevano essere trasferiti in un altro campo?
    Proprio ieri é successa la stessa cosa. Alcuni ragazzi dei disegni sono stati trasferiti,ancora, così, in poche ore. Un’altra volta in pochi mesi. Senza spiegazioni. La chiamano “ re location”, un nome che sembra elegante, ma che vuol dire – mandare via-. Si applica in base ai paesi dai quali provengono ,soprattutto se sono zone di guerra dichiarata:Somalia, Eritrea, Siria.
    Si applica in base ai paesi di destinazione nell’Unione Europea, al tipo di protezione internazionale che hanno o che aspettano.
    Oppure si applica e basta.
    Con tutte le differenze del caso, come succede nelle carceri.
    E il meccanismo diventa automaticamente punitivo.

    (No so come dirvi grazie,ragazzi, per essere riusciti a venire qui lo stesso.)

    Perché sono arrivati qui da un altro posto che non conoscono. Devono imparare un’altra volta gli autobus, le strade,soprattutto per andare a scuola. E tra poco avranno l’esame…
    Devono costruire ancora rapporti nuovi. Adesso sono con circa mille altre persone: in un CARA, Centro per Richiedenti Asilo, sulla Faminia.
    CARA, si chiamano proprio cosi’:Cara.
    Una parola affettuosa che suona come un paradosso, quasi una beffa…
    Ma i ragazzi dei disegni non si fermano: continuano ad usare i loro colori forti, definiti, senza sfumature. Continuano a fare un discorso diretto, semplice, pulito.
    Ora tocca a noi interpretarlo: non è difficile, basta saper ascoltare.
    Vorrei chiudere ricordando, con rispetto, che domani , per i musulmani comincia il Ramadan, un mese sacro , di preghiera, di digiuno, di pace.
    Quindi“Ramadan Mubarak”, buon Ramadan. E auguri per tutto, ragazzi.
    A tutti voi,grazie per essere qui, ma grazie veramente.

     

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