E si sta affollando, quest’altra riva, di voci dal carcere e dintorni… non si placano… e ancora gli diamo dunque spazio… rispondendo alle domande di Toni Castellano, del Gruppo Abele, ad esempio…
L’ergastolo ostativo nega nella sua natura il concetto di rieducazione dell’individuo condannato, contraddicendo l’art. 27 della Costituzione italiana. Come si spiega l’esistenza di questa pena nel nostro Paese?
L’ergastolo ostativo nasce da un meccanismo prodotto dall’inasprimento delle pene introdotte per combattere la mafia all’inizio degli anni ’90. Norme particolarmente restrittive per chi compia reati legati ad associazioni di stampo mafioso. Norma chiave, il 4 bis, che impedisce la concessione di pressoché tutti i benefici previsti dalla legge, per chi è detenuto per reati di associazione mafiosa, sequestro di persona a scopo di estorsione, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. A meno che non si scelga di essere “collaboratore di giustizia”. Credo che intanto bisogna avere presente il momento storico nel quale questa normativa è nata, sull’onda dell’emozione causata dalle stragi nelle quali sono morti il giudice Falcone, Francesca Morvillo, gli agenti della scorta, e poi il giudice Borsellino e i suoi agenti. Un momento “d’emergenza”, in cui si decise di rafforzare le misure da prendere per combattere le grandi organizzazioni criminali. E se queste misure, giuste o non giuste le si consideri, sono rimaste inalterate a distanza di venti anni da quei giorni, credo sia perché il nostro paese rimane “assediato” dalle organizzazioni criminali, una battaglia ancor più difficile da combattere, se gli intrecci di mafia-politica-economia sembrano rafforzarsi, anziché scemare, negli anni. Insomma, lo Stato, pur vincendo battaglie, la sua guerra contro la mafia non l’ha ancora vinta, a differenza di quanto è accaduto invece con il terrorismo. E credo proprio perché ben più radicate nel tessuto sociale sono le organizzazioni di stampo mafioso, non ci si è accontentati della “dissociazione” per dimostrare il proprio distacco dall’organizzazione di appartenenza, ma si è chiesto un atto più radicale: collaborare.(…)