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    Il sole dentro

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    “Il Sole dentro”, di Paolo Bianchini racconta le storie intrecciate di quattro ragazzi del Sud del mondo. Il film nasce da un episodio di cronaca di tre anni fa, che il regista ci racconta così.

    Nel 1999, il 18 luglio, due adolescenti guineiani, Yaguine e Fodè, tredici e quattordici anni, scrissero in gran segreto una lettera a nome di tutti i ragazzi africani. La lettera cominciava così “Alle loro  eccellenze, i signori d’Europa … ” Chiedevano al parlamento  Europeo il diritto alla vita, partendo dall’accesso alla scuola. Con questa lettera in tasca hanno scavalcato la rete di recinzione della aeroporto di Conakry, hanno raggiunto un aereo per Bruxelles e, nascosti nel vano del carrello, è iniziato il loro viaggio. Per quattro ore hanno sognato di consegnare la lettera ai signori d’Europa e cambiare i destini di milioni di loro coetanei. Ci sono arrivati, ma morti assiderati, e a questa lettera non è mai stata data una risposta.

    Un invito….

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    Si narra che la notte dei Santi i morti escono in processione. E noi possiamo vederli. Basta accendere un lumino sul davanzale della finestra, o sul balcone. In segno di rispetto. Li si può anche invitare a cena. Basta lasciare la tavola imbandita con ogni ben di Dio. Vedrete, arriveranno e gusteranno…   Mettete una sera a Pucherini… la sera del primo novembre. All’ora esatta in cui tutte le luci del paese verranno spente, e sulla finestra di ogni casa si accenderà un lumino, e l’intero paese farà da cornice allo spettacolo, sul palcoscenico della piazza, alla luce dei lumini, come ancora succedeva, la notte del primo novembre, fino ad almeno mezzo secolo fa. Per ricordare il tempo del secolo scorso in cui c’era sempre un momento, uno spazio per ritrovarli, gli avi che se n’erano andati. E per ricordare il tempo in cui davvero si “festeggiavano i morti” quest’anno, il primo novembre,  Pulcherini, alle 20,15 in punto, ci sarà una “serata nella luce… nella tradizione aurunca del tempo che fu”. Aspettando gli avi. Riprendere tradizioni e riti che i più anziani, i nonni, ricordano bene, diventa un  modo per onorare anche loro, i nonni e il loro tempo, e ricordarsene, magari anche prima che passino all’aldilà… Viene in mente un dolcissimo racconto di Roberto Piumini, uno dei suoi tanti bellissimi racconti: Mattia e il nonno. (…)

    Mani…

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    Pensando, di donne e di dolore, di vittime e carnefici… un pensiero lontano, che arriva dal ricordo della cronaca di un viaggio, fino alla fortezza di Jodhpur, in India… dalla cronaca di quella visita, dunque…

    …Ma nei passaggi e sulle scale della fortezza sembra a tratti avvertire l’eco soffocata dei fantasmi della vita che l’aveva un tempo popolata. Non capisco da dove provenga quest’eco: dai saloni, inaccessibili e vuoti, sembra improbabile; e neppure dai cortili o dalle torri; neanche dalle bacheche delle sale adibite a museo. Qui tutto è immobile: i baldacchini, i vestiti, gli scialli, le sciabole, le spade, le sete, i ritratti, le catene; ogni cosa, ben ordinata e composta, è consegnata per sempre al tempo di una data dalle esaurienti didascalie trilingue. Tutto sembra come pietrificato e non può che essere muto. C’è poi una sala, in alto, dove è raccolta una collezione di altalene. Uno dei divertimenti preferiti nei cortili di corte, immagino se penso a quante fanciulle o principi o dei ho già visto ritratti nel gioco. Le altalene in mostra sono decine, e bellissime. Variopinte, intarsiate, scolpite. Peccato che non vi si possa montare sopra e lasciarsi dondolare. Immalinconisce vederle immobili, tutte in fila, irrigidite nell’aria senza un alito di vento. Quasi un maleficio continui a perpetrare un’inaudita violenza contro la natura dondolante di quei deliziosi oggetti. Ma prima di uscire dalla sala,(…)

    Il pianista che ascolta con le dita…

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    “Notavo che il suono variava come colore sonoro a seconda del tocco del mio dito sul tasto e la scoperta di una nuova vibrazione era come se toccasse una corda della mia anima… Vibravo insieme al pianoforte… Comincia quindi una ricerca del mio suono, del mio modi sentire, del sentirmi in sintonia fra suono anima mente e corpo…”. Parole di Daniele Gambini, un pianista sordo che “sente con le dita,, e si parla anche di un disegnatore cieco, nel libro “Il pianista che ascolta con le dita,  scritto da Paola Magi, che è insegnante e critico d’arte. Un libro molto affascinanate, come lo sono i meccanismi della comunicazione, che è cosa molto complessa. Noi istintivamente pensiamo “comunicazione = parola”, ma le variabili, ci mostra Paola Magi, sono infinite.  I linguaggi si intrecciano… L’arte, ad esempio, più di qualsiasi altra forma di espressione, è creatività, sperimentazione e spesso si manifesta sotto forme non convenzionali molto interessanti. Interessantissimi, nel libro gli “appunti” sulla pittura, ad esempio, su tutto quello che ci dice, ad esempio, la Creazione della Cappella Sistina… o il San Francesco di Giotto al bivio fra due sentieri… leggere per credere. E anche l’osservazione del mondo della disabilità diventa fonte molto preziosa. Musicisti sordi che amano le note e compongo bellissime melodie, artisti ciechi che disegnano vere e proprie opere d’arte, insomma, persone comuni che fanno dei loro deficit sensoriali un vantaggiosi può parlare con la bocca e il corpo.. si può ascoltare con le orecchie e con gli occhi…(…)

    Un invito…

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    Un invito…. ad ascoltare la puntata di “Pagine in frequenza”, che  Alessandro Forlani dedica all’ergastolo, domenica 21 ottobre, alle 9,30, su gr Parlamento. Ospiti, oltre la sottoscritta, Roberto di Giovanpaolo presidente del Forum Nazionale sulla Salute in Carcere, Franco Corleone, che è stato parlamentare e sottosegretario alla Giustizia, autore fra l’altro, insieme ad Andrea Pugiotto de “Il delitto della pena”, delle edizioni Ediesse, e Carla Lunghi, autrice, per Franco Angeli, di “Creative evasioni” . Nel corso della trasmissione, letture di Valentina Montanari, dal libro “Urla a bassa voce. Dal buio del 41 bis e finepenamai”. Buon ascolto.. la trasmissione è anche scaricabile dal sito del programma: “Pagine in frequenza”.

     

    Cosa desidero, a parte la libertà…

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    E si sta affollando, quest’altra riva, di voci dal carcere e dintorni… non si placano… e ancora gli diamo dunque spazio… rispondendo alle domande di Toni Castellano, del Gruppo Abele, ad esempio…

    L’ergastolo ostativo nega nella sua natura il concetto di rieducazione dell’individuo condannato, contraddicendo l’art. 27  della Costituzione italiana. Come si spiega l’esistenza di questa pena nel nostro Paese?

    L’ergastolo ostativo nasce da un meccanismo prodotto dall’inasprimento delle pene introdotte per combattere la mafia all’inizio degli anni ’90.  Norme particolarmente restrittive per chi compia reati legati ad associazioni di stampo mafioso. Norma chiave, il 4 bis, che impedisce la concessione di pressoché tutti i benefici previsti dalla legge, per chi è detenuto per reati di associazione mafiosa, sequestro di persona a scopo di estorsione, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. A meno che non si scelga di essere “collaboratore di giustizia”. Credo che intanto bisogna avere presente il momento storico nel quale questa normativa è nata, sull’onda dell’emozione causata dalle stragi nelle quali sono morti il giudice Falcone, Francesca Morvillo, gli agenti della scorta, e poi il giudice Borsellino e i suoi agenti. Un momento “d’emergenza”, in cui si decise di rafforzare le misure da prendere per combattere  le grandi organizzazioni criminali. E se queste misure, giuste o non giuste le si consideri, sono rimaste inalterate a distanza di venti anni da quei giorni, credo sia perché il nostro paese rimane “assediato” dalle organizzazioni criminali, una battaglia ancor più difficile da combattere, se gli intrecci di mafia-politica-economia sembrano rafforzarsi, anziché scemare, negli anni. Insomma, lo Stato, pur vincendo battaglie, la sua guerra contro la mafia non l’ha ancora vinta, a differenza di quanto è accaduto invece con il terrorismo. E credo proprio perché ben più radicate nel tessuto sociale sono le organizzazioni di stampo mafioso, non ci si è accontentati della “dissociazione” per dimostrare il proprio distacco dall’organizzazione di appartenenza, ma si è chiesto un atto più radicale: collaborare.(…)

    Pensiero d’autunno

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    Affidato questa volta ai versi di un poeta… Rainer Maria Rilke… da un libricino che un’amica giusto ieri ha regalato… dunque, Giorno d’autunno

    “Signore: è tempo. Grande era l’arsura. /Deponi l’ombra sulle meridiane,  / libera il vento sopra la pianura. /// Fà che sia colmo ancora il frutto estremo; concedi ancora un giorno di tepore, / che il frutto giunga a maturare, e spremi / nel grave vino l’ultimo sapore. /// Chi non ha casa adesso non l’avrà. / Chi è solo a lungo solo dovrà stare, / leggere nelle veglie, e lunghi fogli / scrivere, e incerto sulle vie tornare / dove nell’aria fluttuano le foglie. ”

    Anche la copertina del libricino ha il colore dell’autunno, l’autunno schizzato dell’arancio caldo dei frutti del loto…  E ben venga allora, questo autunno, a soffondere le luci, a preparare al tepore dell’inverno… prima che arrivi aprile, a risvegliare, come diceva altro poeta, le sopite radici... crudele, come sempre…

    Ancora, una lettera dal buio

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    Come può l’uomo pensare di appropriarsi della terra?

    Deve prendere coscienza che è solo un passeggero di transito, alimentato da un fragile alito di vita. La risorsa sociale dell’uomo che vive la condizione dell’ergastolo “ostativo”, è rappresentata dalle testimonianze, vere, sincere; non è il comodo pentimento del Caino di turno che divora Abele. Per avere dei privilegi da una giustizia bugiarda. Dobbiamo ricordarci che siamo uomini e sappiamo che non si vive di solo pane, ma anche di testimonianze di vita. Io sono stato represso per trenta anni nelle carceri speciali, mi è stato impedito di avere un’istruzione, sono stato costretto ad abbrutirmi ogni giorno di più con la repressione sadica del potere sbagliato dei governanti di turno. All’uomo che vive nella nostra società senza conoscere il proprio razzismo e si crede migliore di qualsiasi uomo, in qualsiasi luogo si trovi, gli dico che non ha capito nulla della vita, che si è chiuso dentro la sua bollicina fragilissima di sapone. E non vuole conoscere il mondo che lo circonda. Per avere una collaborazione coi propri simili bisogna iniziare a non cancellare la luce dalle menti delle persone.

    È una vita che aspetto persone capaci, che sappiano farmi vedere la luce che c’è oltre il buio.

    Giovanni Farina

    da “Urla a bassa voce”. Non  per autocitazione.. è che da quando conosco queste storie non riesco, ogni giorno, a non pensarci…

    Un invito, su Roma

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    Un sorriso fra le sbarre…

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    Avrebbe voluto esserci, avrebbe dovuto esserci, all’incontro su “Carcere e democrazia”, ieri 2 ottobre, a Roma, nella luce soffusa di un luogo del Senato. Ma Carmelo Musumeci, ergastolano ostativo ora nel carcere di Padova, non c’era, e più di una volta è stato citato. E’ arrivata invece una sua lettera. Lettere dal carcere… Ascoltate..

    “Avrei voluto esserci, ma la Magistratura di Sorveglianza mi ha detto ancora di no. Ci sarò però lo stesso se mi date un po’ della vostra voce e luce per far sapere che molti uomini ombra (gli ergastolani ostativi come li chiamo io) non sono più le persone di venti anni fa. E la Società non potrà mai sapere chi siamo oggi se continua a tenerci murati vivi per il resto dei nostri giorni, senza un fine pena e senza nessuna speranza. Credo che voi oggi stiate facendo la storia dell’abolizione della “Pena di Morte Viva” (come chiamo io l’ergastolo ostativo in Italia). E probabilmente la maggioranza politica e quella del Paese è contraria all’abolizione dell’ergastolo, ma la storia è piena di maggioranze che sbagliano. Essere in molti non significa di per sé che si abbia ragione. Per questo il mio cuore vi dice grazie di avere il coraggio oggi di parlare di abolizione dell’ergastolo. Non c’è quasi nessuno che dà speranza agli uomini ombra, il mio cuore vi dice grazie di provarci voi. E adesso non mi resta che  lanciarvi un sorriso fra le sbarre, a tutti a tutti voi, e in particolare ad Agnese Moro, che con il suo libro su suo padre mi ha fatto sentire più colpevole di tutti i reati che ho commesso e anche per quelli che non ho fatto, a Giuseppe Ferraro perché è riuscito a voler bene a un cattivo e colpevole per sempre e a Francesco Ferrante per avere avuto il cuore e il coraggio d’invitarmi in questo Convegno.

    Buona vita a tutti. E che l’amore sia sempre con voi.

    Carmelo, Carcere di Padova, ottobre 2012