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    a proposito di “Luce dei miei occhi”

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    Ricordate “Luce dei miei occhi”? di Zita Dazzi… Lauretta Chiarini, dopo averlo letto ( e la ringrazio per aver accolto il consiglio), manda un pensiero…

    “ll racconto di Zita Dazzi, Luce dei miei occhi, scalda il cuore. E’ una storia che parla di quotidianità, vista attraverso gli occhi di un giovanissimo, Arturo, quattordici anni; la famiglia, una malattia sconosciuta che fa paura, il fratellino, i primi tiepidi sentimenti per una ragazza, la grande città, i problemi economici: la vita tout court. Il mondo che circonda Arturo, è analizzato in tutte le sue sfaccettature, amato ed odiato dal ragazzino. La narrazione è delicata, le pagine scorrono via pacate e lasciano un senso di pienezza, di benessere, quasi. Toccano il cuore con dita gentili, mentre Arturo interroga la vita e noi la interroghiamo, a nostra volta. E mentre Arturo, faticosamente, cresce e cerca il suo percorso, la storia riaccende la luce anche nei nostri occhi. Il libro è stato pubblicato da Einaudi, nella Collana ragazzi, ma non è di certo solo per i ragazzi. Anzi”.  Parola di Lauretta.

     

    Gabbiani e carceri…

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    Entrando, dopo anni, in un carcere, sia pure dalla porta degli ospiti in visita, sia pure nelle stanze per gli ospiti in visita. L’incontro con persone, di cui parlerò… Non ora, che il tempo è breve e le parole tante, ad intasare i pensieri. Solo per consegnare il rumore dell’immagine inquietante di folle di gabbiani… enormi, i gabbiani… ad affollare, a ridosso delle mura, appena fuori delle grate delle finestre, bordi d’erba dove planano rifuiti… che dalle grate qualcuno butta giù… a buttar giù la rabbia… e gridano, gridano quei gabbiani… che hanno lasciato il mare… e le onde… e il vento… e che come carcerati volontari consegnano a una prigione il loro tempo…

    Semi

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    Ti racconto una fiaba che nel tuo orecchio un seme metterà, la tartaruga nella valle, sono cento i cacciatori, la nostra capra al pascolo.

    Dico:- Capra, che hai?  Risponde:- E’ il cane che mi sta scacciando! – Che cos’hai cane? / E’ il bastone che mi sta picchiando! -Che cos’hai bastone? / E’ il fuoco che mi sta bruciando! -Che cos’hai fuoco? / E’ l’acqua che mi sta spegnendo! -Che cos’hai acqua? / E’ il cammello che mi sta bevendo! – Che cos’hai cammello? / E’ il coltello che mi sta macellando! -Che cos’hai coltello? / E’ il fabbro che mi sta affilando!

    La pace sia con te.

    Da Palestina Fiabe, a cura di Wasim Dahmash, fiabe raccolte in un arco di tempo che va dagli anni ’20 fino ai nostri giorni, parole di un’identità culturale che i Palestinesi sono riusciti a salvaguardare nonostante le drammatiche vicende degli ultimi anni… Perdendosi, ancora una volta, nel fascino di questi racconti… oggi che anche l’Italia ha deciso di dare il proprio sostegno alla risoluzione che attribuisce alla Palestina lo status di Stato non membro osservatore permanente all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Rileggendo, e riandando al ricordo e allo stupore di un viaggio lontano…

    Case…

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    Andando, tutte le mattine, sul trenino che porta, fuori Roma, fino ai cancelli del recinto… Andando, e guardando, di prima mattina, affacciandosi al finestrino a sinistra… sotto un tratto di ponte dove scorrono e corrono automobili, una mattina ho visto fiorire coperte… poi qualche sacco a pelo, qualche busta piena di chissacosa, sacchi di confusione, una sedia… allusione al ricordo di spazi di case… di chissachi, chissà da dove in fuga, a nascondersi da tutti. Era settembre, e forse ne ho già parlato… Andando, poi che l’autunno è avanzato caldo, che forse era già l’inizio di novembre… ho visto, guardando a sinistra nel riquadro del finestrino, che i sacchi a pelo e le coperte erano diventati letti, composti in buon ordine, con la testa rivolta alle colline, e i piedi alla linea della ferrovia… sempre  attenti a non oltrepassare la linea del ponte su cui ancora scorrono automobili… che era, sicuro, confine di casa. Una mattina all’improvviso è scomparsa, messa lì in qualche angolo, la confusione di buste e di sacchi, e si è aggiunta qualche altra sedia, una proprio accanto al letto, come per ospite venuto a trovare un amico dormiglione… e ancora tracce d’illusione di casa. E qualche giorno fa, che per fortuna questo autunno era ancora tanto caldo, sembrava fossero appena usciti gli inquilini dello spazio di quella casa senza casa. E i letti erano ricomposti come solo mano di donna sa fare, prima di chiudere la porta dietro di sé… , perché anche un’illusione di casa ha bisogno di mani che diano un senso alle cose, e meno disperata è la fuga.

    Questa mattina, che ancora è caldo, e già è freddo, e ancora non si capisce cosa sia autunno e cosa inverno e cosa il tempo dell’estate, affacciandomi al finestrino a sinistra, costeggiando la linea del ponte dove scorrono automobili, lo sguardo è precipitato nel vuoto… niente più letti, niente più sedie, niente di niente… neppure una traccia della casa che era stata… scomparsi anche i suoi confini, rasi al suolo con chirurgica oscena precisione…

    Tornando…

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    Tornando, dagli incontri di Rimini e Bologna… ripensando alle cose, alle persone e alle parole, che mai capitano per caso… Cervello accessibile, il progetto da cui sono nati pensieri e parole, al Salone dell’Educazione di Genova, per cercare le parole giuste della disabilità… Lanvanderia, ricircolo dei cervelli, il luogo dell’incontro di Rimini, per cercare la dignità nella pena… Per l’uno o l’altro, contenuto o contenente, dunque, questo nostro benedetto cervello, da smontare, da riabilitare, da risvegliare, da rimettere  infine in circolo… lontano dai luoghi comuni, che impveriscono le cose togliendo loro verità, dal pietismo che è falso abbraccio che allontana… che è nuova, più cattiva forse prigione…

    due inviti…

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    Un invito, venerdì 23 novembre alle ore 18 al Centro Poggeschi la presentazione del libro sull'”ergastolo ostativo” ….“Urla a bassa voce, con le sue voci dal buio, è un libro importante e necessario. Ci costringe ad aprire gli occhi di fronte a una realtà che non ci piace. Ci obbliga a conoscere ciò che non vorremmo sapere, realtà che vorremmo tenere distanti dalla nostra vita e che – di fatto – ci riguardano” così Don Luigi Ciotti nella prefazione al libro che sarà presentato venerdì 23 novembre alle ore 18 al Centro Poggeschi in via Guerrazzi 14/E alla presenza di Francesca De Carolis, autrice del libro, Maria Longo, Sostituto Procuratore Generale di Bologna, Alice Vezzali, avvocato del Poggeschi per il carcere, Alvise Sbraccia, associazione Antigone e moderato
    da Nicola Rabbi, direttore di BandieraGialla. E il giorno dopo a Rimini… 18,30… via Cavalieri 16, presso il Centro “Lavanderia- Ricircolo dei cervelli”… Aproposito… ancora cervelli da rimettere in moto… corsi e ricorsi… ulla, in fondo, per caso…

    sguardi…

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    (s)guardi e ri-guardi … intrigante gioco di parole…

    suggerisce un guardare che può essere sghembo, come denuncia quella s ( buttata lì, fra  parentesi)… richiama un guardare, anche, fatto di attenzione,  di ri-guardi…

    Sguardi e riguardi, dunque, per guardarsi intorno, e per guardarsi dentro. La settimana scorsa, a Genova, per parlare del nostro parlare, e non solo, che a volte abbraccia, a volte respinge via. Parlando di disabilità, ma parlando, in fondo, un po’ di tutto… per cercare di uscire dai “binari unici”, e oggi come oggi, credo che la comunicazione più interessante sia proprio quella che passa per una rete moltiplicata di luoghi…

    Quindi, metti una mattina a colazione uno scrittore, satirico per giunta, una vignettista, insegnante per giunta, un musicista, insegnante anche lui e tante altre cose ancora, un’urbanista, esperta in comunicazione per giunta, una giovane impegnata nello sviluppo di progetti di inclusione… (per la cronaca Enzo Costa, Gabriella Corbo, Paolo Falessi, Martina Gerosa, Ottavia Manuini), insomma un intreccio di linguaggi, fra arti e mestieri, diversi eppure uguali…  per intrecciare comunicazione verbale, visiva, musicale, anche. E cercare contatti. Per fare cosa? Costruire “cervelli accessibili”.  Accessibili in entrata e in uscita, naturalmente  E cervelli senza barriere, sono sicuramente quelli degli studenti della Scuola Comics di Reggio Emilia, che hanno partecipato al progetto “Cervelli accessibili”, da cui tutto è partito, e che è un percorso di formazione sulla comunicazione inclusiva il cui filo conduttore è stata la disabilità. Un percorso fatto anche di immagini, il cui risultato è stata (anche) una serie di bellissimi manifesti per comunicare in maniera inclusiva questa benedetta disabilità, intorno alla quale noi tutti ci contorciamo, alla ricerca di nomi e non nomi che la pronuncino, cercando di non invischiarci troppo, per carità… (…)

    La rabbia del vento

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    Pensando e ripensando alla Palestina, a quel che vi accade dentro e a quel che vi accade intorno. A quel che si tuona stia per succedere ( ma che forse non si è mai fermato). Ritornando, come dopo altro ritorno, sulle pagine de La rabbia del vento, sconvolgente racconto di Yizhar, considerato uno dei padri spirituali della letteratura israeliana. Comparso nel 1949, è un resoconto sull’espulsione del popolo palestinese dalle sue terre. Ma è anche riflessione sul rapporto con l’altro, una folla di dubbi sulla liceità morale delle azioni compiute. Libro da leggere e da rileggere. Racconto breve, ma dove il meno è il più… E ancora ripropongo, perché pagina da imparare a memoria, l’ultima pagina: “…E quanta indifferenza c’era in noi. Come se non avessimo mai fatto altro che mandare in esilio. Il nostro cuore si era ormai indurito. Ma nemmeno questa era la cosa principale.
    E la via d’uscita?
    La valle era tranquilla. Qualcuno aveva già cominciato a parlare di cena. In lontananza, vicino al punto in cui sembrava terminare la strada sterrata, un camion scuro, traballante, come quelli carichi di frutta o di messi, o di chissà cos’altro, svaniva all’orizzonte. Il dolore per l’offesa e la rabbia impotente si sarebbero presto trasformati in una sorta di straniamento vergognoso, che un po’ alla volta sarebbe stato dimenticato. Tutto all’improvviso si fece così aperto. Così grande, enorme. E noi diventammo minuscoli e senza importanza. In breve sarebbe scesa sul mondo l’ora in cui è bello tornare stanchi dal lavoro, incontrare qualcuno o camminare da soli. Intorno era silenzio, e di lì a poco si sarebbe chiuso anche l’ultimo cerchio. E quando avesse avvolto tutto, e nessuno ne avesse disturbato la calma, e al di là di esso ci fosse stato solo un brusio sommesso, allora Dio sarebbe sceso nella valle e vi avrebbe vagato per vedere se il grido giunto fino a lui era davvero così grande.”

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    diomio… quanti fantasmi… ritornano… e vanno … e vengono…

    Tinomolla

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    “Ciao bambini il mio nome è Tino… Tinomolla per gli amici. Alla mia nascita successe il finimondo a Orbettilandia… Fui subito scartato,  per una caratteristica davvero strana: invece di strisciare come i miei simili , avevo una forma a spirale, sembravo una molla. Rispetto agli altri della mia specie che sono rigidi, io ero elastico e molleggiavo… con un suono molto simile al miagolio di un gatto…. del tipo… Miaoooong…”

    Iniziano così “Le avventure di Tinomolla”, di Naomi Chiaramonte e Fabio Di Stefano …  Di Stefano,  assessore a Cuneo, fondatore di un’associazione, Cuneo nel cuore, nata per combattere i pregiudizi, anche e soprattutto per chi ha una disabilità. Questo racconto fa parte del progetto Favolabili, che è una delle iniziative dell’associazione.  La storia…  Tinomolla è tanto diverso che deve andare via dal suo paese… tutti lo trattano come un fenomeno da baraccone, ma alla fine sarà proprio lui a salvare il suo paese, Orbettilandia, da un’incursione di roditori. Una favola che finisce bene, ma è sempre così? … L’orbettino, spiega bene Di stefano,  sembra un serpente, ma serpente non è..  è anche molto utile all’uomo… in molti paesi lo sanno, in altri no… e lo combattono  come serpente… come accade con persone che non vengono riconosciute  persone.. Di Fabio Di Stefano, colpì molto lo scorso anno una foto, quasi il ritratto di una pietà, mentre saliva le scale della scuola con suo figlio fra le braccia. Suo figlio, Dodo, non può camminare e non c’era in quei giorni altro modo per entrare a scuola… (…)