Scivolando sul trenino, lungo il bordo nascosto della consolare, a due passi dal fiume. Uno strano vuoto. Solo dopo un pò realizzo. Vuoto dei cespugli, dei rovi, degli alberi. Degli alberi. E qua e là mucchi di lamiere, carte, stracci, qualche oggetto di vita domestica. Dell’illusione di una vita domestica che è stata spazzata via. Tracce calpestate delle baracche che furono. Fra quei rovi, a malapena nascosti dagli alberi, fino a qualche tempo fa. Adesso sembra tutto molto pulito. Pulizia che sa di macabro. Degli alberi. Rimangono solo bassi tronchi mozzati. Con precisione chirurgica tutti alla stessa altezza. Poche decine di centimetri da terra. Sembrano arti morti, piantati nell’erba senza respiro. Mostrano, oscene, le loro sezioni nude. Bianche di taglio fresco. E più avanti, appiattiti in terra, lunghi e magri, tronchi. Alcuni fatti a fette. Ma ancora ogni tratto in fila, uno dietro l’altro, a disegnare sagome di alberi. Ombre della vita che furono. Una gran pena. Un pensiero folle. Che arrivi presto qualcuno. A stendervi sopra un velo. Con gesto di pietà…
Cenerentola

Ronde…
Tornando indietro, nei secoli…
o, meno lontano nel tempo…
Fiabe…
Il mare è grande, le rotte sono tante e ancora di più i bisogni e i desideri che portano gli uomini a lasciare la propria casa per cercare di raggiungere il sogno dell’altra riva… e divinità distratte che non proteggono il viaggio… Ma in questa fiaba ci piace pensare che a tutti gli uomini caduti in acqua sia concesso di continuare ad ascoltare il grido dei gabbiani e la voce del mare… e che continuino a vivere fra i misteri degli abissi… Ma questa, forse, è un’altra storia.
Parlando di vita e di morte
A proposito di scelte. Su come vivere. Su come morire. Una citazione del migliore Allen: “La morte è una malattia della vita, che si trasmette per via sessuale”. A proposito della vita. A proposito della morte…
Un sogno
Un che di inquieto nella piccola sala d’aspetto, anticamera allo studio del veterinario. Eppure sembra tutto come sempre. Cortesi signore con i loro cari animaletti nelle gabbiette, o in braccio come neonati avvolti negli stracci. Un ragazzo con un’iguana dagli occhi palpitanti. Una bimba con un coniglietto nero. Ciro il pappagallo dietro le sue sbarre, a guardare tutti un pò annoiato, un pò incusiosito. Lanciando a tratti urla. A squarciare momenti di silenzio. E disattenzione: Ciro si apetta che sempre qualcuno si trattenga con lui, a chiacchierare del più e del meno. Insomma tutto come sempre. Anche la curiostà del mio Pippo, gatto, che allunga il muso verso la gabbietta semi aperta di quel canuzzo nero, che un pò guaisce, un pò abbaia. E a un tratto infastidito gli soffia contro. Un soffio violento di gatto iroso. E in realtà vedo che il canuzzo si trasforma in un gattaccio. Troppo grosso per essere contenuto nella gabbia. E ancora si gonfia…
Tutti clandestini
Clandestini. Guardandosi intorno. E guardandosi con un poco di attenzione allo specchio. Viene spontanea una domanda. Ma non saremo costretti, prima o poi, a diventarlo tutti, clandestini? Giorno dopo giorno. Passo dopo passo. Tutti spinti a poco a poco oltre la linea dell’ombra… Si comincia con lo spingere ancora un po’ più in là chi clandestino già lo abbiamo fatto diventare, anche se malato, anche se morente. E forse non abbiamo detto niente. Perché, forse abbiamo pensato, la cosa non ci riguarda… Eppure, quante cose cominciano a rigurdarci, quante già ci riguardano. A pensarci bene… Non nasce forse quasi clandestino, il figlio da concepire magari fuggendo all’estero… E sembra già tutto pronto per permetterci solo se clandestini di liberarci in pace dal nostro corpo morto…
Rompiamo il silenzio
Aderendo all'appello di Libertà e Giustizia, sul sito www.libertaegiustizia.it. Per rompere il silenzio. Ecco:
"Mai come ora è giustificato l’allarme. Assistiamo a segni inequivocabili di disfacimento sociale: perdita di senso civico, corruzione pubblica e privata, disprezzo della legalità e dell’uguaglianza, impunità per i forti e costrizione per i deboli, libertà come privilegi e non come diritti. Quando i legami sociali sono messi a rischio, non stupiscono le idee secessioniste, le pulsioni razziste e xenofobe, la volgarità, l’arroganza e la violenza nei rapporti tra gli individui e i gruppi. Preoccupa soprattutto l’accettazione passiva che penetra nella cultura. Una nuova incipiente legittimità è all’opera per avvilire quella costituzionale. Non sono difetti o deviazioni occasionali, ma segni premonitori su cui si cerca di stendere un velo di silenzio, un velo che forse un giorno sarà sollevato e mostrerà che cosa nasconde, ma sarà troppo tardi..."
Prigioni
Forse mi ripeto. Ma evidentemente la scena è ancora quella. Evidentemente. L’ultimo atto di The Baby of Macon. Strazio del corpo di un bambino fatto a pezzi e dato in pasto alla sete di reliquie di fedeli assetati di sangue. Quella scena ritorna, ossessiva, oscena, come l’oscena immoralità delle parole pronunciate sul corpo di Eluana Englaro. E mi è fatica pronunciare questo nome di cui troppi, senza alcun diritto, si sono appropriati. Pronunciandolo con intollerabile confidenza, quasi nome di figlia propria. Perseguendo l’unico fine che, al di sopra di tutto, sembra chiaro: costruire prigioni. E che siano nuove mura, o recinti di filo spinato, o norme, o corpi, poco importa…
Secondo pensiero di Febbraio

“Non conquistare, non difenderti, non arrenderti”. Dal testo della Costituzione di Uzupis, Repubblica degli artisti, Stato nello Stato, a Vilnius. Da imparare a memoria. Non conquistare, non difendersi, non arrendersi. Guardandosi intorno…