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    Il tridente…

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    Quante storie avrebbe da raccontare, la Sirena delle Rocce… eccone un’altra, che l’altra notte ancora ha sussurrato a Daniela Morandini…

    “Angelica, da qualche tempo, viveva in quella grotta dove, d’inverno, i marinai riparavano le barche. In cambio rammendava le reti, cuciva le vele, sbatteva i polpi sui sassi, affinchè diventassero teneri. Disponeva con cura i pesci nelle cassette, prima che le portassero al  mercato. Non era più giovane, aveva il viso rigato, ma era ancora forte. La sera non vedeva nessuno. Solo  la Sirena delle Rocce, qualche volta, andava a trovarla. Insieme    parlavano, mangiavano, a volte cantavano. Quando la  donna  vide quella strana creatura per la prima volta, era poco più di una ragazzina. Fu quando Giorgione, quell’uomo pesante e bagnato le si schiacciò addosso. -Non finirà così, vedrai- le aveva promesso la Sirena. Ma poi fu  proprio la madre di Angelica a venderla per pochi soldi a quel mostro. Furono anni di dolore e di  silenzio. Una sera che il marito non c’era, la Sirena delle Rocce scese dal suo scoglio più alto, e bussò alla porta di Angelica: cosa voleva da lei quell’essere metà femmina e metà pesce, che si reggeva sulla punta della coda d’argento? “Tieni- le disse la Sirena, porgendole un tridente- me l’ha dato per te un amico che vive sotto al mare” .La donna  la fece entrare. Si sedettero in cucina e non parlarono più. Quando Giorgione tornò a casa, la moglie  lo guardò negli occhi e gli conficcò il tridente nel cuore. Poi  tornò a sedersi vicino alla creatura e, insieme, aspettarono le guardie. I gendarmi arrivarono presto e la portarono in carcere, dove rimase per anni e anni. Quando uscì, davanti al portone, la Sirena delle Rocce era lì ad aspettarla.

    Nota:  La Sirena delle Rocce e’ una mia invenzione. Angelica -che non si chiama così- l’ho conosciuta veramente. Daniela Morandini

    Profezie…

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    Oggi che i più, sembra, a Roma, fossero in attesa della “grande catastrofe”. Oggi che la metropolitana, alle 7 e 30 del mattino era piena di vuoti quasi come a ferragosto. Oggi che chissà dove sono andati a nascondersi in tanti… Tornando verso casa, nel pomeriggio, ascoltando un colloquio sommesso fra una bambina e la sua mamma, o un’amica della mamma, o la sua tata… insomma, qualcuno, amico, andato a prenderla all’uscita dalla scuola. Cosa avete fatto, chiede la donna. Tutto il giorno in giro per parchi e per giardini, risponde la bambina. Luoghi al sicuro, lontani dai palazzi che potrebbero cascare giù. Per via del terremoto, si capisce… Davvero? chiede la donna. Ebbene, dice, che cosa sciocca! E tutto per via di una previsione sbagliata… Sbagliata, sì, conviene seria la bambina. Si vede, conclude, che non hanno studiato, che non hanno fatto bene i compiti…

    Senza risposta

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    Pensiero della domenica. Che invia Gabriella Larovere. Una riflessione di Ignazio Silone, termina con una domanda che, commenta Gabriella, rimane ancora senza risposta.

    Sapevo che Tolstoj era celebrato come un grande scrittore, ma non avevo mai letto niente di lui. Cominciato a leggere, andai avanti dimenticando il tempo e l’appetito. Ero turbato e commosso. Mi colpì soprattutto la storia di Polikusc’ka, quel tragico destino di un servo deriso e disprezzato da tutti […]. Come doveva essere stato buono e coraggioso lo scrittore che aveva saputo ritrarre con tanta sincerità la sofferenza d’un servo. Quella triste lentezza del raccontare mi rivelava una compassione superiore all’ordinaria pietà dell’uomo che si commuove alle disgrazie del prossimo e ne distoglie lo sguardo per non soffrire. Di questa specie, pensavo, dev’essere la compassione divina, la compassione che non sottrae la creatura al dolore, ma non l’abbandona e l’assiste fino alla fine, anche senza mostrarsi. Mi pareva incomprensibile, anzi assurdo, di essere arrivato a conoscenza di una storia come quella soltanto per caso. Perché non veniva letta e commentata nelle scuole? (Ignazio Silone)

    Olivella

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    La Sirena delle Rocce… ogni tanto ne combina una. Leggete un pò cosa è successo adesso, nel racconto di Daniela Morandini.

    Olivella si chiamava così, perché, quando nacque, suo padre aveva piantato un magnifico ulivo. Quando la bimba  diventò grande, incontrò Nicola: si sposarono e nacquero due bei fratellini. Furono felici per tanto tempo, ma un giorno, all’improvviso, il marito l’aggredì: “Tu mi hai mentito in tutti questi anni!” Olivella  non capiva. Lui, la prese per un braccio e la scaraventò per terra. Lei non ebbe neanche la forza di piangere. Urlando, Nicola, le ricordò di quel ragazzino che abitava vicino alla casa di suo padre: Oliviero.  “Tu l’amavi  -inveiva il marito – e mi hai sempre tradito con lui!” “Ma come…?.era un bambino… –piangeva  Olivella   Nicola non volle saper ragione. Folle di gelosia, giunse persino a cacciare i figli da casa, convinto che non fossero suoi. “Per questo ti chiami Olivella ! Per via di quell’uomo!” Bruciò  tutte le olive del suo campo, e sradicò l’albero che aveva piantato il suocero. Disperata, ogni giorno la moglie pregava la Sirena delle Rocce, che viveva  sul mare, sullo scoglio più alto. Una notte, la Sirena andò a trovarla. Faceva caldo, e si sedettero davanti alla porta a bere del vino fresco. Nicola dormiva, e le due donne si misero a parlare a lungo, sottovoce. La lunga coda di pesce, era appoggiata su due sedie di paglia…

    post Ombre

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    Per la cronaca. Sfuggiti al racconto dell’altra sera, altri due interventi. Non per distrazione o perché non interessanti, anzi. Rita Bernardini, deputato, Radicali-Pd, ha parlato della follia di leggi approvate sull’onda dell'”indignazione” nata per reati della cui “maggiore riprovevolezza” siamo stati tutti in qualche modo convinti….delle bugie del sistema che ci hanno in qualche modo convinti. Ha snocciolato una serie di testimonianze e “prove” di come le garanzie del sistema siano state sacrificate all’altare della “sicurezza” e della lotta alla mafia. E, superata l’angoscia che ne nasce, bisognerebbe scriverne con un approfondimento a parte. Sfuggito al racconto, anche il professor Carlo Fiorio, dell’Università di Perugia. Non per distrazione o per mancanza di interesse. Anzi. Con il professor Fiorio Carlo Musumeci discuterà, presto, la sua tesi. L’appuntamento, è al confronto di quel giorno…

    Ombre

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    Tornando, venerdì sera dalla presentazione del libro di Carmelo Musumeci, “Gli uomini ombra”. A Roma, in via del Seminario… Strana sensazione, e non sono stata la sola a provarla. Presentare il libro di qualcuno che non c’è. Un’ombra, appunto, ben custodita nel carcere di Spoleto. Ma ha aleggiato, quest’ombra continuamente evocata da tutti, su tutti noi, nella Sala del Refettorio della Camera dei Deputati, una grande stanza rivestita di libri, trafitta dal sole che entrava obliquo dalle finestre, nella trasparenza delle tende… Ed erano tutti, lì, a parlare soprattutto di un amico, con il  quale ciascuno dei presenti ha almeno scambiato lettere. A parlare di lui, del suo libro e della pena dell’ergastolo. In un tempo, questo dell’oggi, in cui, come ci ha fatto notare Susanna Marietti, di Antigone, sembra che nessuno più voglia mettere in dubbio la costituzionalità della pena dell’ergastolo. Eppure, ci ha ricordato, un tempo queste cose si potevano ben dire… solo ieri, quando di questi dubbi aveva parlato “persino” Aldo Moro. Solo ieri, il nostro ieri, ma sembrano passati duemila anni, oggi che “non si può più usare la ragione” e solo si urla e si minaccia e si creano paure e spavento. Tutti lì, a parlare “solo” di un amico, reintegrato e migliore di tanta parte della società, dice Russo Spena, a cui piace soprattutto la sua ( di Musumeci) sapienza narrativa, testimone della poesia “che si fa largo nella bulimia carceraria”, e chiede, e pretende un impegno per gli ospiti delle nostre galere etniche. Sì, ci avete mai pensato? Il nostro è uno Stato dove la povertà sta diventando, è diventata, reato in quanto tale, basta guardare i numeri e la geografia della popolazione carceraria del nostro bel paese. Un paese dove, l’abbiamo dimenticato? il reato di tortura non esiste… (…)

    La sirena delle rocce

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    Un regalo per questo lunedi’ di Pasquetta, con un racconto fantastico di Daniela Morandini. A proposito di sirene, di rocce, di donne e madonne che non sanno nuotare….

    Appena sveglia, la Sirena delle Rocce, si  accorse di qualcosa di strano. Tentò di   prendere il volo , ma non ci riuscì.  Scese dal suo scoglio,il più alto, scivolando come  un serpente. Arrivò al mare e, senza bagnarsi, guardò la sua immagine riflessa tra le onde. Come  era cambiata! La sua schiena era bianca, liscia. Non aveva più le ali e al posto delle zampe, c’era  una lunga  coda  d’argento, non aveva piu’ le piume. Guardò l’acqua e si rese conto di non saper  nuotare. Ebbe paura. Si era trasformata così in fretta, in una notte. Respirò’ a fondo l’aria salata  e si senti’ meglio. Uno schizzo  improvviso le bagno’ la coda : rifletteva tutti i colori del mare. Diffidava dell’acqua  e non si  tuffò. Piano piano,  si arrampicò sul suo scoglio e, dall’alto, chiamò le compagne. Laggiù,  sulla riva , scorse Ligea, la più giovane. Anche lei era cambiata, non aveva più le ali, ma giocava con le onde, come se l’avesse fatto da sempre… “Ligea, Ligea, cosa fai in mezzo al mare? Sali!” . La sirena più giovane si scrollò le goccioline dai capelli: “Non posso, devo andare…..”. “ Cosa fai? Torna indietro! Annegherai!”.. Ma Ligea sollevò il braccio per salutarla e, folle d’amore, si allontanò come un pesce. La Sirena delle Rocce, rimase senza fiato. Come era possibile che una sirena potesse  nuotare? (…)

    … e buona Pasqua…

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    Salutando, questa mattina di Pasqua. Ascoltando, la cronaca della notte. Trascorsa dai rom “accampati”, a Roma, nella Basilica di San Paolo, dopo essere stati sgomberati dal loro campo. Sentendo, delle guardie vaticane che hanno impedito alle donne uscite dalla basilica, di rientrarvi. Guardando, le immagini sul limite della cancellata. Con le donne di qua, con i bambini di là, ancora dentro i confini della chiesa. E le guardie vaticane, sorridenti, con aria gentile, per carità, ma ferme e risolute, a fare da barriera, a chiudere le porte del Tempio di Dio. Leggendo, del disagio, dei due battesimi che per via del trambusto non è stato possibile celebrare all’ora stabilita. Rinviando di qualche ora (di qualche giorno?) l’ingresso ufficiale di nuovi arrivati, con le carte in regola, si immagina, nella Casa del Signore. Ma quale Casa e quale Signore? Ascoltando, le parole di un parroco, questa mattina alla radio, che si chiede e ci chiede, dopo questa vicenda, con grande imbarazzo, cosa mai racconterà ai suoi fedeli nel giorno della Pasqua. Di quale Chiesa, di quale Signore, di quale Pasqua?

    Ultim’ora: leggo, comunque, che, per chi non è andato via, il Vaticano offre, per quest’altra notte, stanze…

    Buon compleanno!

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    Una poesia. Arriva dal carcere di Spoleto e Carmelo Musumeci l’ha scritta per il compleanno di suo figlio. Nato in un giorno d’aprile, il 24 e quest’anno coincide con la Pasqua… L’affida, per lui, al vento sommesso di questa riva… che arrivino, queste parole, sussurrate, per lui, nel tempo della Pasqua d’aprile…

    Ti amo figlio / tanto quante sono / le gocce nell’oceano / il tuo futuro / è pure il mio./// Ti amo figlio / tanto quanti sono / i granelli di sabbia nel deserto / il mio futuro / è pure il tuo./// Ti amo figlio / tanto quante sono / le stelle nell’universo / il tuo destino / è pure il mio./// Ti amo figlio / tanto quanti sono / sulla terra i chicchi di riso / il mio destino / è pure il tuo./// Ti amo figlio / tanto quante sono / le lacrime che ho versato / per averti lasciato / tutto questo tempo./// Ti amo figlio / tanto quanti sono / i fiori nel mondo / sei il mio sogno/ più bello./// Ti amo figlio / sei il mio sole / che riscalda / e illumina / la mia vita.

    Buon Compleanno,  tuo papà.  Spoleto aprile 2011

    Il quaderno di Eleonora

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    Questa mattina vogliamo sfogliare Il quaderno di Eleonora, … un libro dell’editrice Aipsa, tutto costruito intorno ai quaderni di scuola di una bambina down. E la storia di Eleonora Serci, che oggi è una ragazza di 26 anni, è diventata un libro, anche didattico, grazie alla madre, Annalisa Porru, che è un’insegnante. E che ha pazientemente raccolto e organizzato tutti i quaderni delle elementari della sua Eleonora, fino a comporre ben dieci volumi. Questo libro, per metà, mi è sembrato un po’ un fiaba, ricca fra l’altro di bellissimi colori e disegni, che sono quelli dei primi compiti di Eleonora. E ci sono proprio tutti i disegni di quella bambina che muoveva i primi passi incerti nel mondo, anche perché ogni cosa,ogni gesto, ogni segno di un bimbo, specie se  ha una disabilità, anche se ad altri può sembrare insignificante, dice Annalisa Porru, è per i suoi genitori importantissima. C’è una pagina fra le altre, che mi ha colpita.“Disegna lo spazio che hai intorno”, detta il compito… ed Eleonora compone… due case, un albero…. tracciando  i confini di uno spazio molto ampio… che dà il senso dell’aria, del respiro…di una grande serenità che comunque da bambina deve aver sempre avuto nell’animo. (…)