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    Home Blog Pagina 137

    Canili…

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    E oggi che “per tradizione” le carceri si affollano di visite di uomini politici, una lettera di Carmelo Musumeci, dal carcere di Spoleto. Con una premessa, citando Arthur Schtnizler: “Quando l’odio diventa codardo se ne va mascherato in società e si fa chiamare giustizia“. Voci da dentro, dunque, per tutti noi che siamo ancora fuori. E buon Ferragosto…

    Si sta discutendo l’esame del disegno di legge riguardante l’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a un anno. Probabilmente i politici a giorni lo approveranno perché non ne possono fare a meno dato che le carceri stanno scoppiando dal sovraffollamento. Ma non credo che ci fosse bisogno di una legge per applicare altre leggi, perché se la magistratura di sorveglianza applicasse le misutre alternative, le galere italiane non sarebbero così stracolme, e poi perché non dare una possibilità anche a quei detenuti che sono da tanti anni in carcere? Ci sono uomini da più di vent’anni chiusi fra quattro mura, che fare di questi uomini?

    Dubbi…

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    Potere delle istituzioni o potere del giornalista? Se lo chiede Rosa Mancini, studentessa di Urbino. E la domanda non è per nulla oziosa. Leggete un pò, così, aspettando ferragosto…

    “Alcuni giorni fa in redazione mi chiesero di fare un’analisi statistica su quanti sequestri di immobili abusivi sono stati effettuati  nell’anno 2010 a Napoli. Quindi: quanti abusi? quanti sequestri?   tipologia di abuso e  zone più a rischio. Il giorno successivo mi misi immediatamente all’opera e andai alla Procura della Repubblica di Napoli. È da li che partono tutte le direttive, si decide dove demolire e perché demolire. Ma, il Procuratore aggiunto incaricato per la questione abusivismo edilizio, non c’era: era in ferie!. Peccato, un vero peccato…strano! visto che il 18 agosto gira voce che a Procida ci sarà un nuovo abbattimento di una casa ad uso abitativo. .e visto che nei giorni scorsi sono state ordinate altre demolizioni a Napoli, in particolare nel quartiere di Pianura.

    Trent’anni fa, memorie…

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    Fra due giorni, trent’anni fa, la strage di Bologna. La madre di tutte le stragi. Che ricordiamo, con lo sguardo di questa bambina, Angela Fresu, tre anni, morta con la madre, nell’esplosione letteralmente dissolta. E con le parole di Daniela Morandini, che quel giorno era lì…

    “Trent’anni fa. Sotto alle Torri, un silenzio surreale e tanta polvere. Una nebbia bollente che saliva di corsa da via Indipendenza. Poi le urla delle sirene. Era scoppiata una bomba alla stazione. Ventitré chili di esplosivo in una borsa, nella sala d’aspetto di seconda classe. “Una caldaia” tentavando di dire le prime voci ufficiali. Le ambulanze non bastavano. I feriti, furono portati in ospedale anche con gli autobus e con i taxi. Insieme con i pompieri, si scavava con le mani fra le macerie bollenti. I feriti erno duecento. I morti ottanta. Tra loro, Maria e Angela Fresu, ventiquattro e tre anni. Maria, la madre, evaporò nella voragine: di lei non si trovò mai più nulla. Andrea Zanzotto la ricorda ancora: ‘E il nome di Maria Fresu / continua a scoppiare / all’ora dei pranzi / in ogni casseruola / in ogni pentola / in ogni boccone / in ogni / rutto-scoppiato e disseminato- /in milioni di / dimenticanze, di comi, bburp’. I mandanti invece non si ricordano. Perché ancora non si conoscono. Lunedì alla commemorazione non salirà sul palco nessun politico. Dal 1993 Bologna li ha sempre fischiati”.

    Per ricordare ancora, portandoci dentro quel ricordo e questo sguardo. E buone vacanze  tutti.

    Sirene

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    Per salutare luglio, con un tuffo nell’acqua. Storia, anche questa, di follia e di rimpianto, scritta in punta d’onda… Come la racconta Daniela Morandini.

    “Uscì dall’acqua e si sedette su uno scoglio. Era un pò stanca. Guardò le barche che, pian piano, uscivano per la pesca. Non erano molte. Sempre belle, però. Con i loro marinai. Le reti arrotolate a poppa. Le lampare ancora spente. Si mise a contarle. Una due tre quattro… Blu con la riga gialla, verde con un occhio celeste, rosa come una rosa. Cinque sei sette otto… Mentre il sole scendeva dietro alla montagna, le luci delle case si accendevano, una alla volta. Là, vivevano gli uomini, con le loro donne e i loro bambini… Quando il sole si nascose dietro alla montagna, sentì un pò freddo. Una volta non le succedeva. Quanti giorni in acqua aveva passato con il Professore. Quante navi aveva visto schiantarsi! Quante città aveva visto nascere! Quante tempeste aveva superato! Ora quella riga sottile sulla fronte, le ricordava tutti i secoli che erano passati… Ma poi alzò le spalle e, con un colpo di coda, si ributtò in mare”.

    Itinerari…

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    Invito a un viaggio. In una delle realtà più vivaci che possiate immaginare. Parola di Giuseppe Marcenaro. Che dopo, si immagina, attenti sopralluoghi nello spazio e nel tempo, traccia per noi un percorso a spasso per quel territorio “oltre” che sono i cimiteri. Sì, proprio così, in quei luoghi dove, assicura, tutto si svolge sotto mentite spoglie. Narratore di rara finezza, Marcenaro, riesce a condurci per mano, fra lapidi e ossari, riempendoci gli occhi e l’anima del palpitare dei vivi. I vivi che furono. I vivi (ma ne siamo sicuri?) che siamo. E così, seguendolo, trascinati contro corrente lungo la spirale dello spazio e del tempo, ci vengono incontro Rimbaud, Valéry, Rasputin e gli esuli di Madre Russia, Foscolo, Billy the Kid e Calamity Jane, Poe e tutti i poveri morti degli ossari sul fianco di Poggioreale, e tanti altri ancora. E tutta la folla di uomini e donne che nutrirono, o portarono via, il loro tempo… Ciascuno racconta la propria storia, e sono tutte, è proprio così, storie di rimpianti e di follie. E tutti insieme tessono la folle trama che compone il mondo. Quello loro e questo nostro. Che è poi la stessa cosa…

    Narratore di rara forza, Marcenaro. Ci prende per mano e non ci molla più. Strappandoci sorrisi, a volte. Portandoci, a volte, sul confine del pianto. Riesce a confonderci e, quasi in ipnosi, ci si lascia condurre fino all’ultima stazione, di questo viaggio impossibile, a rendere omaggio, noi vivi (ma alla fine ne siamo ancora sicuri?), ad ognuno dei suoi vivissimi morti. Confermando così quello che noi, che di non luoghi viviamo, abbiamo sempre sospettato. Che cioè a volte tornano, quelli che si sono nel passaggio smarriti. E che i più rimangono fra noi, acquattati nelle nostre teste e nei nostri cuori, pronti a sbucare fuori. Da una foto, da un quadro, dalla polvere di un libro, da un graffio sulla pietra…

    Giuseppe Marcenaro, Cimiteri, storie di rimpianti e di follie, ed Bruno Mondadori

    Bella ‘mbriana

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    … e’ che forse per vederla bisogna aspettare la luce tranquilla che anticipa il tramonto. Quando anche lei un poco si acquieta, dopo tutto il lavorare del giorno. Su e giu’, su e giu’ per la casa, avanti e indietro, avanti e indietro, perche’ nessuno con animo cattivo si avvicini. Ed e’ l’aria che fa respirare le mura, ed e’ la linfa che nutre le foglie del giardino. Lo spirito buono che abita le case. Finche’ nessuno l’offenda. Finche’ ancora si abbia premura di lasciare a tavola un posto per lei. Bella ‘mbriana. Che gioca a nascondersi come vento fra le tende…  Tradita, vedete?, dal raggio inclinato di sole che ora la trafigge… Ma attenti, attenti a non disturbarla. Solo, si puo’, a bassa voce, soffiare un saluto… Bonasera bella ‘mbriana mia, / rieste appiso a ‘nu filo d’oro /aspettanno ‘o tiempo asciutto / bonasera a chi torna ‘a casa c’o’ core rutto…

    foto di Daniela Morandini

    Voli

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    Un volo, per questa domenica di fine luglio. Su ali di versi.

    Si può di sublime vibrare / origliando il verde sudore / dell’erba.

    A trasmutarsi fiore / fragilmente

    Grazia Frisina

    L’insolito uomo

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    E chissa’ dove e’ andato a finire. Magari solo nascosto appena appena piu’ in la’. Stanco dello sguardo curioso degli altri. Una donna l’ha visto. All’alba di ieri, portare via le sue cose. Due sedie, un tavolino, due scatole di cartone,  un lume, una gabbia vuota di canarino. Una valigia, si sospetta, di libri. La donna l’ha visto ma, distratta da un urlo di sirena, si e’ affacciata sul vicolo accanto e quando e’ tornata non c’era gia’ piu’. Solo ha lasciato, per qualcuno che ancora proprio  voglia andarlo a cercare, un cartello bugiardo. Piu’ avanti, sembra, indicare. Ma ridendo, vedete?, una mano di vento, gia’ lo sta piano piano togliendo…

    (foto di Daniela Morandini)

    Un’estate…

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    (…) Notai un’apertura nella recinzione che era stata messa intorno alle case e la varcai.  Attraversai la facciata di un edificio che doveva aver contato almeno due secoli. Su di me lo stesso cielo azzurro. Non c’era traccia di soffitto, come se l’ultmo piano fosse stato tranciato di netto dal colpo di un’enorme sciabola. In alto, sulla mia testa, i bordi sfrangiati di un ballatoio al quale portava una larga scala di pietra. La scala continuava ancora con qualche gradino oltre il piano del ballatoio, per poi troncarsi  mezz’aria. Di tutta la pavimentazione erano rimaste solo tracce di mattoni crepati. Unico segno di una vita lontana, il corpo di una vecchia stufa di ghisa, nell’angolo che avevo di fronte. Poi solo pietre. Pietre e polvere. Tanta polvere d accecare l’aria tutt’intorno. Feci un giro su me stesso, puntai l’occhio dentro il mirino e partì l’intero caricatore. Sulla scarica degli scatti l’ombra di una grossa lucertola si affacciò da un mattone. Il rettile sgambettò fino al davnzale del finestrone che si apriva alla mia destra. Mi lanciò un’occhiata, infastidito, prima di immergersi nell’esterno. Nessun’altra traccia di respiro. Solo pietre, e polvere, e qualche stelo di erba disidratata.

    Il castigo

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    Poi disse alla donna: “Moltiplicherò la sofferenza

    delle tue gravidanze e tu partorirai figli con dolore.

    Eppure il tuo istinto ti spingerà

    verso il tuo uomo

    ma egli ti dominerà!” (Genesi 3,16)

    Rileggendo passi della Bibbia, cercando l’origine del male. Guardandosi, ancora oggi, un pò intorno…