Fiabe. Perché rileggerle? Perché sì. Se il tempo delle nostre cose va via in fretta. Cenerentola, i Musicanti di Brema, La rosa e l’usignolo… sono fiabe che tutti abbiamo ascoltato da piccoli, e magari leggiamo ancora. Come tutte le cose dell’uomo le fiabe si trasformano. Genere letteario con Perrault, raccolta per una sorta di monumento nazionale con i fratelli Grimm, poesia dell’animo con Andersen, ritorno alla fonte come letteratura con Calvino, che ha composto la grande raccolta di fiabe italiane, un lavoro prodigioso che Calvino ha descritto come “un tuffo in un mare dove ci si spinge non per il piacere sportivo di nuotare fra ode insolite, ma attratto da un richiamo di sangue… quasi per salvare qualcosa che si agità là in fondo… se no perdercisi senza tornare a riva…”
Fiabe…
C’era una volta… la terra delle acque
C’era una volta… la terra delle acque. Con il racconto inviato da Salvo Nicosia, per parlare di Sicilia, seguendo le lezioni del professor Calì… La Terra della Acque, dunque. Un racconto nel racconto.
Piove a dirotto. Il professor Calì arriva a scuola in ritardo, ed è rimproverato dalla preside, per fortuna interrotta da un tuono fortissimo. Il professore entra in classe e trova i suoi alunni alunni ad aspettarlo… Tutti presenti. Quasi se ne stupisce. “Ma professore, oggi ci deve parlare di suo zio Santo, se l’è dimenticato?”, già, lo zio Santo, che si occupò di acqua in Sicilia. Attacca, Janu. “Carusi, questo bene preziosissimo è stato la base del ricatto sociale e mafioso mai perpetrato ai danni di un popolo. Con la sete, si sono vintidecenni di elezioni! Caso ancora più grave: solo poco tempo fa, un ministro si è accorto che la nostra terra è in costante emergenza per l’acqua e lui, il ministro, si è scusato con un: “nessuno me ne aveva mai parlato”.
Ricordate i punteruoli rossi?
Un anno fa circa, un pensiero a proposito di punteruoli rossi e tringoli neri… trovo oggi a margine di quell’articolo un commento che mi manda Giuseppe Bucceri, che è, piuttosto, un suggertimento, che riguarda i punteruoli. E che qui ripropongo.
“Qui a Letojanni abbiamo visto come si sia carenti nell’intervenire per proteggere le palme sane, un solo caso (almeno fino ad oggi) e la palma e’ rimasta a marcire senza nessun intervento. Ho letto un po qua e la’ che si puo intervenire ma di fatto la regione o le province non sono in grado di intervenire per mancanza di fondi e visto che tutti dicono la propria vorrei anch’io sparare la mia. Perche’, alla scoperta della palma ammalata, non incappucciarla come un preservativo in uso, basterebbero pochi euro e un tubolare di rete fino al punto di non permettere alle larve di emigrare e alla loro comparsa (nel tubolare) intervenire se si vuole con normali insetticiti, lasciare la pianta in quelle condizioni il tempo necessario per far morire il punteruolo e poi abbatterla “. Questo per i punteruoli rossi… Per quanto riguarda il triangolo nero, vedremo…
Veline, cavalli e senatori
A proposito di elezioni, potere, senatori e cavalli. Ricevo da Mario, e volentieri pubblico, concordando in tutto e per tutto:
“Da qualche giorno si parla di veline e simili che Berlusconi vuol candidare
per il Parlamento europeo. Sono state scelte in base a capacità effettive o procacità mostrate? Senza entrare nel merito del dibattito aperto anche nel centrodestra a me è sopravvenuta di nuovo una riflessione che ho fatto periodicamente nel corso della mia lunga storia lavorativa. Quante volte vi siete trovati a dovervi sottomettere a persone più incapaci e incompetenti di voi? Quante volte avete assistito alla scelta di un capo, anche in ambito privato, abbastanza incapace ma molto servile (una testa di legno)? Quante volte avete subito la sfuriata di un superiore preda della sindrome dell’impostore? (*).
Lamenti
Ancora, quelle parole… in fondo è bene, di tanto in tanto ricordare… Dunque, ancora quel lamento, … “…Ma l’uomo grida dovunque la sorte di una patria./ Più nessuno mi porterà nel Sud. // Oh, il Sud è stanco di trascinare morti / in riva alle paludi di malaria, / è stanco di solitudine, stanco di catene, / è stanco nella sua bocca / delle bestemmie di tutte le razze / che hanno urlato morte con l’eco dei suoi pozzi, / che hanno bevuto il sangue del suo cuore. / Per questo i suoi fanciulli tornano sui monti, / costringono i cavalli sotto coltri di stelle, / mangiano fiori d’acacia lungo le piste / nuovamente rosse, ancora rosse, ancora rosse. //Più nessuno mi porterà nel Sud. /// E questa sera carica d’inverno / è ancora nostra, e qui ripeto a te / il mio assurdo contrappunto/ di dolcezze e di furori, / un lamento d’amore senza amore”. Dal lamento di Quasimodo, per il Sud.
Primavera
Forse erano anemoni, o violette bianche… oppure rose… i fiori che Proserpina stava raccogliendo nel prato quando ancora non esistevano le stagioni… e nello spazio e nel tempo intorno a lei c’era solo un’eterna primavera. E adesso che l’inverno è ormai sepolto, e questo sole e questo profumo che arriva sottile ci dicono che è tornata primavera… raccontiamo come nacque il ciclo delle stagioni. Storia di Porserpina, che è anche la storia del ritorno e del rinnovarsi perpetuo della vita dopo la morte…utto cominciò un giorno che Proserpina, che era figlia della dea delle messi Cerere, stava cogliendo fiori con le compagne, sul prato ai bordi del lago di Pergusa,… sì, in Sicilia, a due passi da Enna. Ma si era appena allontanata dal gruppo che all’improvviso la terra si aprì., e dal profondo delle sue viscere aparve Plutone. Il signore dei morti, innamorato della bellissima fanciulla, la rapì e la portò giù, proprio lì, dove si aprono le bocche delle miniere…
Primavere…
“Più nessuno mi porterà nel Sud. E questa notte carica d’inverno è ancora nostra…”. Già scritti, forse. Questi versi. Ma rimbombano, nella testa. Guardandomi intorno. Nonostante la primavera. O forse proprio per via, di questa primavera…
Pensandoci un pò…
Appiattiti nell’istante in cui vengono pronunciato, nello schermo a due dimensioni, il tempo e le cose vanno via in fretta. Le notizie il giorno dopo sono già morte. Eppure, ogni nostra azione, ogni nostro sentire, ha dietro la storia, la cultura dalle quali siamo nati… nascono da una profondità che nella nostra corsa quotidiana sembriamo dimenticare. Una dimensione che invece le fiabe da sempre sanno leggere. Per questo, a tratti, ne rileggeremo alcune…, per ricordare quanto sia vero che queste cose “non avvengono mai, ma sono sempre”.
Terremoti
Ascoltando di ricostruzioni e new town. Di città nuove da far nascere un pò più in là. E chissà se con le spalle rivolte al luogo del passato. Vengono in mente le immagini di Gibellina. Il ricordo di Gibellina antica. E la bianca colata di cemento, che pare gesso, che pare un sudario, che pietrifica nel perimetro del paese che fu, il tracciato delle sue strette strade. Un’idea di Burri, che in paese qualcuno, con ironia, con simpatia chissà… ho sentito chiamava “burrata”. Ma stringeva il cuore vedere uomini e donne, che al lontano terremoto del 1968 erano sopravvissuti, aggirarsi fra quelle stradine. Sussurrando, qualcuno, ai bambini, di quello che c’era una volta e adesso quasi leggevano attraverso la trama di quel velo di gesso,…qui era la casa di uno, là s’affacciava la finestra dell’altro… Ma forse ancora più surreale mi apparvero le immagini di quegli uomini, di quelle donne, dei vecchi, seduti sulle panchine del paese ricostruito, qualche decina di chilometri più in là, nella piana. Nelle piazzette sfarinate dal sole. A fissare le geometrie squadrate delle case, le superfici specchiate di alcuni palazzi, i segni arditi delle opere che altri artisti contemporanei avevano donato a quel nuovo paese… così lontano dal paese del loro ricordo. E ancora di più stringeva il cuore, a verderli, silenziosi, quasi persi, definitivamente spaesati…
Trappole
“… non furono il canto o la musica a uccidere, ma la mancanza dell’istinto necessario per riconoscere le trappole, per sapere dire basta, per comprendere che gli eccessi provocano il crollo della psiche, e la persona diventa un confuso ammasso invece che una forza possente… Le sarebbe bastato ascoltare la voce selvaggia che vive dentro tutti noi, e invita a fermarsi, a meditare, a riprendere speranza”….In ricordo di Janis Joplin… dal Mito della donna selvaggia… in corsa con i lupi… Ripensandoci. Nel bel mezzo del crudele aprile…