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    Pensiero di dicembre

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    “Venne data loro la possibilita’ di scegliere fra re o corrieri del re. Come bambini, vollero tutti essere corrieri. Per questo ci sono soltanto corrieri, scorazzano per il mondo e, poiche’ di re non ce ne sono, gridano i messaggi ormai privi di senso l’uno all’altro. Volentieri porrebbero fine alla loro miserevole vita, ma non osano farlo per via del giuramento che hanno prestato”.
    Franz Kafka, Aforismi di Zurau, Adelphi

    Una domanda

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    A Napoli, lungo la discesa di San Gregorio Armeno. E poi risalendo. Alla ricerca di una pastorella, per il presepe. Sì, proprio lei. Quella sottile figurina dall’aria un pò stupita. Con la gonna rosa, o azzurra. Va bene anche verde muschio. Che abbia accanto un capretto piccolino, che le si strusci sulle gambe, quasi un cagnolino. Ci sono tutti, gli altri pezzi del presepe. Quelli di sempre e quelli spuntati dalle cronache dell’anno che corre. Tutti, proprio tutti e qualche guizzo di fantasia in più. Ma la pastorella, sembra introvabile… Poi, finalmente … eccola. Piccolina piccolina, con un capretto in braccio… “Perché non ce la fa a portarlo sulle spalle… non è forte come un pastore, lei” dice gentile la signora di uno dei pochi negozi che ancora ne hanno, di pastorelle. Perché, ci spiega, non c’è domanda. Di pastorelle. Lei le ha comunque volute quelle statuine, ma quasi nessuno, assicura, le compra più …e se non c’è domanda…Una domanda, appunto: perché nessuno le vuole più? Le pastorelle….La verità, vi prego…

    Ripensando l’India…

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    Oggi, ripensando all’India. Ritornando a un viaggio di cinque anni fa. Dagli appunti di quel viaggio.”Costruzione inimmaginabile, il Taj Mahal. Sembra sconfinare nel cielo e forse appartenere a uno spazio che già non è più terra. Imperatore grandioso anche nell’amore, Shah Jahan. Quasi non si può che condividerne lo strazio, mentre la guida racconta della sua vista negli anni a poco a poco svanita e del gioco di specchi ideato per poter vedere fin all’ultimo istante di vita, ravvicinata in un frammento di vetro della parete, la tomba del suo unico immenso amore. Imperatore di sentimenti estremi, Sahah Jahan. Di crudeltà totali. Per un amore così grande, l’omaggio delle mani tagliate degli artigiani che l’avevano creato, perché non rilevassero il segreto di tanta bellezza.”(India, 2003, appunti di viaggio)

    Ricordate…?

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    Franca Viola, dunque. Ancora. Nelle parole di Lorenzo che spiega perché ha scritto un racconto su di lei. Un racconto del racconto, se, quando ha scoperto che “una mia concittadina aveva fatto un gesto così semplice eppure considerato rivoluzionario per le donne del tempo, ho sentito l’istinto di informarmi di più”. E ha chiesto a suo padre e a sua nonna, che la conoscevano. A suo padre, che gli raccontava “di questa ragazza dagli occhi vispi”.
    “Avia l’occhi ca ci cirnìanu”, mi ha detto mio padre. Dice Lorenzo. “Aveva gli occhi inquieti, che cercavano, che ammiccavano, che sceglievano. Forse anche per questo mia nonna non me ne ha parlato come un buon esempio. Negli anni sessanta le ragazze che sceglievano erano malafemmine.

    Ricordate Franca Viola?

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    Sabato, giornata contro la violenza sulle donne. Domani, una data contro lo stupro. Celebrandole, l’una e l’altra data, con “la Storia di Viola” di Lorenzo Misuraca, giornalista, raccontatore…

    “Questa è la storia di Viola, piccolo fiore di campo a cui un bruto aveva strappato tutti i petali, e che invece di appassire prese a splendere e splendere senza fine. Tra i giovani fiori di campo, Viola era il più bello. E Viola era fiore, senza dubbio alcuno, ma era anche un po’ civetta. E quello che amava di più era ridere, e giocare col vento e con gli sguardi dei giovani abitanti del campo.
    E tra gli abitanti del campo c’era il signor Melodia.
    Melodia credeva di chiamarsi così per la bellezza della sua voce, che in realtà era stridula e fastidiosa per i timpani di tutti. In realtà Melodia si chiamava Melodia perché era un prepotente, e come tutti i prepotenti voleva avere tutto. E a tutti diceva: “Melodiaa!” “Melodiiiaaa!”, che sarebbe una richiesta, ma che in bocca a lui suonava come un ordine. E come tutti i prepotenti, Melodia non sapeva bene cosa volere, e per saperlo guardava dove tutti guardavano, e quello che tutti guardavano diventava il suo desiderio.

    Senza un perché

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    “Voi pensate a quel che c’è fuori della camera, alle strade della città, a quelle piccole piazze fuori mano dalle parti della stazione. A quei sabati d’inverno tutti uguali.
    E poi ascoltate quel rumore che si avvicina, ascoltate il mare”.
    Non so perché. Ma aprendo, a caso, una pagina dai Testi segreti della Duras. Una frase, della malattia della morte. Chissà perché. Forse per il rumore, sentendone il richiamo, di quel mare.

    polvere…

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    … il paese che sta tuonando… e’ il paese delle strade ripulite dell’umanita’ “cenciosa” che disturba la vista. Strade che ancora vedo vuote da far tristezza… Mi ero sbagliata. Uno, forse due, erano tornati… ma sono presto riscomparsi. E mai piu’ li rivedremo, adesso che, si legge, il sindaco di questa bella citta’ sta provando a mandarli ancora piu’ lontano, piu’ lontano che si puo’, al confino oltre il confine del raccordo… Polvere, da spazzare via… Dimenticando la polvere che tutti siamo…

    In pizzeria

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    Ieri, sabato sera. Tutti pigiati in una pizzeria. Gomito a gomito con i ragazzi di un tavolo vociante che più non si può. Saranno stati una dozzina. Quindici, sedici anni, non più. Fanno anche un pò invidia. Fraseggi da adolescenti che strappano sorrisi. Risate, corteggiamenti, qualche bacio. Parlano tutti un disinvolto italiano, qua e là con qualche accenno di romanesco. Anche quel ragazzino dai tratti cinesi. Seduto accanto alla ragazza bionda. Che lancia l’accendino al compagno che ha di fronte. Quello con il piercing sul mento e con la pelle più scura di tutti. Dai tratti sembra indiano, dal colore indiano del Sud. Allunga la mano sulla mano della brunetta che gli siede vicino e insieme escono a fumare una sigaretta. Prima che arrivino le pizze. Entra il venditore di rose e il ragazzo con la faccia da zingaro, quello un pò più sbruffoncello, ne compra una. Poi ci ripensa e ne compra altre due. Per le sue amiche. E le vuole bianche, le rose. Tutte e tre bianche.

    Tuoni e silenzi

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    Solo poche righe, fulminanti, da un articolo di Adriano Sofri. “In questi giorni, di fronte all’accanimento retorico sul destino di Eluana, non ho potuto fare a meno di pensare alla questione così tragicamente esacerbata del silenzio di Pio XII di fronte alla Shoah: Il silenzio di fronte allo sterminio di milioni, una tempesta di tuoni addosso al signor Beppino Englaro”.
    Forse, è proprio tutto qui. Quali silenzi. Quali tuoni.

    Malaika

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    E solo qualche giorno dopo la svolta americana. Addio alla voce che ha cantato la libertà. Da un capo all’altro del mondo. Da una terra all’altra del suo esilio. Ancora ieri, nella terra di altri esili. Eccola. Miriam Makeba. Nel tempo del bianco e nero. Voce d’Africa. …. La foto, dall’archivio di Daniela Morandini.
    …..
    Malaika, nakupenda Malaika / Malaika, nakupenda Malaika / Ningekuoa mali we, ningekuoa dada / Nashindwa na mali sina we, Ningekuoa Malaika / Nashindwa na mali sina we, Ningekuoa Malaika // Pesa zasumbua roho yangu / Pesa zasumbua roho yangu / Nami nifanyeje, kijana mwenzio / Nashindwa na mali sina we Ningekuoa Malaika / Nashindwa na mali sina we Ningekuoa Malaika // Kidege, hukuwaza kidege / Kidege, hukuwaza kidege /Ningekuoa mali we, ningekuoa dada / Nashindwa na mali sina, we Ningekuoa Malaika / Nashindwa na mali sina, we Ningekuoa Malaika
    Angelo mio…