“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale/ e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. / Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. / Il mio dura tuttora, né più mi occorrono / le coincidenze, le prenotazioni, / le trappole, gli scorni di chi crede/ che la realtà sia quella che si vede/ …”
Ancora una verità, sull’amore. Ritorna, in quest’alba d’autunno, ancora una volta con Montale. Perché questa, da giovani, era struggente pensare verità da sussurrare, da vecchi.
Ancora, un tratto di verità, vi prego…
La rabbia
Tornando dal cinema. Per “La rabbia”. Opera giornalistica più che creativa. Saggio più che racconto. Spiega Pasolini, cucendo spezzoni di materiale di repertorio, per narrare il mondo della pace del dopoguerra. Bianco e nero, d’immemore normalità. Che svela un mondo affollato d’odio, per tutto ciò che è diverso. “Odio che nasce dal conformismo, dal culto dell’istruzione, dalla prepotenza della maggioranza”. Odio per tutto ciò che turba l’ordine borghese. E innalza barriere, e costruisce armi. Per assicurare minacciando la pace. Un mondo che uccide, passando anche sul sorriso di Marylin. Sulle immagini, un testo di poesia, per raccontare la rabbia. Testo profetico, qualcuno suggerisce. Piuttosto, direi, un requiem. Di poesia dolcissima e spietata.
-…16)
“Non vedo soluzioni immediate per sanare la frattura fra il mondo e le strutture del linguaggio. Propongo per il momento l’individuazione di una scrittura evocativa. Riallineare le parole per compitare realtà virtuali”.
Dove l’assassino avrebbe potuto scegliere se riacquistare dignità con una ridefinizione del suo ruolo o guizzare fra ipotesi, accuse, alibi, scegliendo di volta in volta un volto, un’arma, un movente finalmente a sua assoluta discrezione; dove a Boh sarebbero stati permessi lunghi viaggi senza bisogno di addormentarsi sulle rotaie; dove Geraldine avrebbe avuto tutte le panchine e tutte le lune che avesse desiderato; dove io avrei potuto sistemare tutti i punti e virgola che avessi voluto, ricreando le giuste pause che non fossero l’ansia di una virgola o la fine decretata da un punto.
Un pensiero…
Pensiero di Mario. Mi arriva e così lo pubblico. Nulla aggiungendo, se non una condivisione senza parole.
“Chi sono non lo so. So quello che vorrei essere. So di volermi sottrarre alla dicotomia, molto in uso, vincente/perdente. Non ho mai avuto l’aspirazione ad appartenere in servizio permanente alla categoria dei vincenti e non mi riconosco in quella dei perdenti. Ho visto vincenti che nascondono un desolante vuoto e perdenti che svelano un sorprendente pieno. So quanto possono far male alcune vittorie e quanto bene può venire da alcune sconfitte. Così ho coniato la categoria dell’essente, colui che è. L’essente è colui che, tra le tante caratteristiche che lo distinguono, ha la volontà di non accontentarsi di esistere e la capacità di sottrarsi alle battaglie stupide”
la verità, infine…
Ecco. Rivedendo Il bacio di Klimt. Forse lì. Nell’abbraccio, di lui, che con il peso del capo piega il collo, di lei, e quasi la soffoca. Negli occhi chiusi, di lei, e nella sua bocca senza il filo di uno spiraglio. Nel mantello d’oro di lui, nel profilo fiorito di lei. Che ha un piede proprio sul limite del ciglio. Quasi già scivolando via…
la verità… 16
“Essere insieme è l’amore, la morte, la parola, dormire”. Fulminante appunto di Marguerite Duras. Da C’est tout. Ultimi pensieri.
la verità… 15
“Più nessuno mi porterà nel Sud. / E questa sera carica d’inverno / è ancora nostra, e qui ripeto a te / il mio assurdo contrappunto / di dolcezze e di furori, / un lamento d’amore senza amore”.
Quasi dimenticata, che strano. Eppure per molto tempo è stata nascosta, nelle pieghe di un diario, o ricopiata in una pagina d’agenda, la prima o l’ultima, scegliendo, anno dopo anno. Segreta verità, che forse ancora fa paura. Nel lamento per il Sud, del pianto di Quasimodo…
la verità… 14
“Ho avuto un grande desiderio e strano / di velenose foglie per saggiarvi / dentro la morte come fosse raggio / da pulire i miei giorni ed ho sperato / che chiudendole dentro la mia bocca / io chetassi il mio strazio innamorato. / Ma poi ho visto il mio orrore come denso / colorito sollievo, come perla / dura, rapita da ingemmarti il passo. E continuo a pensartene in dovizia / di fortissimo amore perché tutto / ripassando il tuo giorno ti scampassi / dalla tristezza che su me è infinita”. E’ stato inevitabile, lasciarsi sfiorare dalla verità delle parole dall’ignoto. E per sprofondarci dentro: Fiore di poesia, Alda Merini, antologia, raccolta per Enaudi.
la verità… 13
La verità, forse, nella danza sull’acqua dei cigni, nella ruota vanitosa di un pavone, nell’avvitarsi di una coppia di delfini nell’acqua, nell’obliquo afferrarsi di chele di granchio, in un bacio di seppie, nel passo a due di fenicotteri rosa, nel placido ruggito del leone, nei richiami affidati al vento, in vortici di colori e ventagli di piume, in preghiere di morte che preparano nuova vita… e poi…e poi… in tutti i gesti della vita, che nasce sulla terra, e dalla terra, e dall’acqua e dal cielo. Vedere, per credere, uno splendido documentario, in questi giorni in circolazione, Animals in love…
la verità… 12
“…D’altra parte lei mi aveva avvertito che i fiori di cactus sbocciano la sera e sono già morti la mattina seguente. Poi per un anno intero, o più, non ricordo quanto, le loro piante possono offrire solo spine sterili. Non mi aveva spiegato (se mai un giorno dovessi rivederla, glielo rimprovererò) se tutto il resto del tempo per la pianta di cactus è solo rimpianto e attesa dell’unico fiore. Una corolla bianca, enorme e carnosa. Fu la prima cosa in cui inciampai la mattina dopo nella cucina del mio appartamento. Un attimo prima che si richiudesse su se stessa. Feci appena in tempo a notare che un minuscolo ragno aveva tessuto fra gli stami una sottile ragnatela…”
Una corolla bianca, enorme e carnosa, vissuta lo spazio di una notte. La verità?