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    pensando a Mario Trudu

    Vittorio da Rios, pensando a Mario, ci CELLA GINFR.scrive… :

    “Strano aver vissuto cosi a lungo ignorando i nomi di tutti questi muscoli. E’ quando non funziona più che i loro nomi diventano ossessionanti.Strano anche non aver mai compreso quello che significano i primi passi di un bambino. E’ come se occorresse imparare di nuovo tutta la grammatica del corpo,riscoprire l’aspetto insolito di ogni movimento, il suo mistero e la sua perfezione.Cosi scrive Jean Michel Palmier in “frammenti della vita offesa”Filosofo e cattedratico francese mentre in ospedale colpito da patologia irreversibile vive l’arrivo della morte che lo raggiungerà a soli 53 anni.Scopre un mondo che non conosceva, lo vive sulla sua pelle: la malattia, e sugli altri che assieme a lui condividono dolore solitudine la lenta drammatica e lucida agonia che porta all’annientamento definitivo immutabile della nostra tragica quanto precaria “finitezza biologica” Proviamo a calarci a vivere anche per breve tratto della nostra vita dentro “la vita di Mario e dei tanti Mario” che consumano le loro vite nella totale o quasi indifferenza chiusi in carcere,dietro porte blindate. Riusciremmo mai a capire cosa realmente significhi il carcere? Non oso immaginare passare 10-20-30-40 anni della propria vita in un luogo che definiamo “carcere” quali sofferenze fisiche e psichiche questo comporta. Ma a ancora senso se mai ne ha avuto, nella lunga storia del diritto tutto questo? Non entro nel merito delle cause che hanno portato una creatura in carcere,l’argomentare sarebbe infinito,ma sulla utilità oggi del carcere e dei sistemi repressivi in una società dove la violenza che si esprime in vari modi è paradigma che ci prende tutti.dobbiamo porci drammaticamente questa domanda.E oltre a riflettere trovare vie nuove alcune già ci sono ma raramente vengono percorse, adoperarci agendo sulle cause distorsive dentro una società di massa sempre più imbarbarita dove il vero crimine spesso è istituzionalizzato da leggi e codici, costruire una paradigma dove dal vivere sia espunto definitivamente ogni “tragica distorsione sociale”prodroma e causa dei molti cataclismi collettivi e individuali.Andare detto in estrema sintesi al superamento dell’attuale sistema repressivo-carcerario, che sempre più si dimostra totalmente inadeguato a dare risposte a una realtà economica-sociale cosi inedita.che non ha riscontri nella storia millenaria dell’Ominide.Domandiamoci che senso ha murare a vita una creatura che si è trovata ad agire e commettere atti che uno stato di diritto, ” che se tale deve essere presente in tutte le pieghe della società per garantire che ognuno sia difeso con i giusti strumenti culturali formativi dal trovarsi nel cadere in tragedia? Utopia porsi simili domande rispetto a dove sembra andare oggi la società che tende sempre più a scaricare sul cittadino singolo responsabilità collettive dovute ad una organizzazione della società spaventosamente sperequativa falsando il reale del vivere umano e naturale in una tragica collettiva corsa all’arricchimento all’apparire al successo, alla costruzione del moderno letale feticcio del Dio danaro come fine ultimo della esistenza anziché come mezzo da utilizzare per una vita giusta ed armoniosa? Ho citato all’inizio Palmier, la sua esperienza fatta dal di dentro della tragedia della malattia personale che poi lui da filosofo la trasferita e vissuta come fatto collettivo condividendo e cercando di comprendere nella loro totale essenza le tragedie e sofferenze altrui Poiché ritengo che in una visione filosofica espressione di alto pensiero positivo che tutto è unito e lo scomporre la “scissione” dell’unità dell’essere ontologico “pensiero debole” ha determinato cataclismi di recente e odierna memoria, ma promette ben più tragiche e irreversibili catastrofi.La storia di Mario e dei tanti Mario è storia nostra mai dobbiamo dimenticarcelo è l’altro che è te stesso “balducciano” che è in noi. parte arricchente irrinunciabile di noi stessi.L’uomo inedito fattosi totale umanità su scala planetaria, che deve condividere lottare soffrire accanto a Mario e ai tanti altri esseri che nel percorso della loro esistenza spesso in gioventù se non adolescenza hanno incrociato e subito la devastante forza distruttiva del “legno storto della umanità” sulla cui curvatura sempre piu stritolante tutti indistintamente ne portiamo soggettive e oggettive responsabilità. Un infinito grazie a Francesca per questa ulteriore “perla di umanità” e di denuncia sulla condizione di Mario. Quanto per il suo infaticabile lavoro per costruire una nuova coscienza dell’essere del diritto. Un caro saluto.” Vittorio da Rios

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